Sangue e silenzi. I giorni dell’IRA

Avvenire, 14 febbraio 2021

È l’agosto del 2003 quando una tempesta estiva sulla costa orientale dell’Irlanda fa riemergere dalle acque del mare i poveri resti di un cadavere, come un lontano fantasma del passato. L’analisi del Dna fuga ogni dubbio: è il corpo di Jean McConville, una vedova quarantenne, madre di dieci figli, che aveva vissuto in povertà a Belfast prima di scomparire nel nulla, nel lontano 1972. Quattro anni prima di quel macabro ritrovamento l’IRA aveva ammesso la propria responsabilità nell’assassinio, spiegando che la donna era stata ‘punita’ perché ritenuta una collaboratrice della polizia britannica. Un gruppo di individui a volto coperto aveva bussato al suo appartamento a Divis Flats, un labirinto di case popolari nel cuore del ghetto cattolico di Falls Road, e l’aveva portata via mentre i suoi bambini gridavano in preda al terrore. Nessuno dei vicini sentì, né vide niente. Continua a leggere “Sangue e silenzi. I giorni dell’IRA”

Una spia di origine italiana a Belfast

Venerdì di Repubblica, 13.1.2017

“Quando chi fa le leggi è anche colui che le infrange, non esiste più legge”: una scritta a caratteri cubitali sulle mura di Derry, cittadina martire dell’Irlanda del Nord, esprime con eloquenza lo scontento della popolazione dopo quasi vent’anni di pace senza giustizia. Dalla firma degli Accordi del Venerdì Santo nel 1998 lo stato britannico resta ancora sotto accusa per la cosiddetta ‘guerra sporca’, una prassi sistematica di collusione ad altissimo livello che per anni ha visto le sue forze di sicurezza alleate con i gruppi paramilitari protestanti e coinvolte in omicidi settari e operazioni sotto copertura contro i civili. Uno scandalo più grande e diffuso della Bloody Sunday, la strage compiuta dall’esercito inglese nel 1972, sulla quale un’inchiesta lunga dodici anni ha già stabilito come andarono le cose, pur senza punire i colpevoli. Proprio sulla falsariga di quell’inchiesta è appena cominciata l’“Operation Kenova”, un’indagine giudiziaria che intende far luce sul ruolo dell’esercito, dei servizi segreti MI5 e della squadra politica della polizia nordirlandese nell’omicidio di decine di sospetti informatori. La figura-chiave sulla quale un gruppo di esperti britannici e internazionali è chiamato a indagare è l’agente soprannominato “Stakeknife”, da anni noto come la più importante spia infiltrata dall’esercito all’interno dell’IRA, ritenuto responsabile della morte di almeno una cinquantina di persone e pagato 80.000 sterline l’anno dal governo su un conto bancario segreto a Gibilterra. La sua identità è stata rivelata alcuni anni fa da fonti molto attendibili: si tratterebbe di Alfredo “Freddie” Scappaticci, ormai ultrasettantenne, originario di una famiglia italiana immigrata a Belfast nel Dopoguerra, per anni internato nel carcere di Long Kesh prima che il Consiglio militare dell’IRA lo mettesse a capo di una squadra speciale incaricata di eliminare i presunti informatori.

Nella foto: Freddie Scappaticci
Nella foto: Freddie Scappaticci

Un uomo violento e senza scrupoli che agiva da giudice, da giuria e da carnefice determinando la vita o la morte di decine di persone spesso innocenti, e che per almeno quindici anni sarebbe stato anche il collaboratore più prezioso dell’esercito britannico, tanto che il generale John Wilsey, ufficiale in comando in Irlanda quegli anni, l’ha definito “una gallina dalle uova d’oro”. Dopo aver negato con forza ogni accusa, Scappaticci ha fatto perdere le sue tracce, sapendo di rischiare non tanto il carcere quanto l’ineluttabile vendetta dei suoi ex compagni. Molti ritengono che sia già morto, altri sostengono invece che viva in Italia, dalle parti di Cassino, ormai irriconoscibile grazie a una plastica facciale.
L’indagine che lo riguarda durerà almeno cinque anni e sarà guidata da Jon Boutcher, capo della polizia del Bedfordshire, che ha già reso nota l’esistenza di nuove prove. Se andrà a buon fine scoprirà finalmente il vaso di Pandora sulla ‘guerra sporca’ accertando quanti e quali crimini sono stati compiuti dai membri dell’esercito e dei servizi di sicurezza collusi con i paramilitari protestanti. La ricercatrice Anne Cadwallader del Pat Finucane Centre, un’ong irlandese che si batte per i diritti umani, si dice fiduciosa. Molto più scettico è invece Ed Moloney, veterano dei giornalisti investigativi irlandesi: “l’inchiesta rischia di scoprire fatti talmente sensibili che non potranno essere resi pubblici, e i suoi esiti saranno secretati com’è già accaduto in passato”.
RM

“Fu Gerry Adams a ordinare quegli omicidi”

Le testimonianze di Brendan “The Dark” Hughes contenute nel nuovo libro di Ed Moloney gettano nuove pesanti ombre sul passato del presidente di Sinn Fein. Ma stavolta con possibili conseguenze giudiziarie.

È appena uscito nelle librerie irlandesi e britanniche Voices from the Grave, il nuovo attesissimo libro del giornalista Ed Moloney, basato sulle testimonianze di due figure centrali del conflitto anglo-irlandese: Brendan Hughes, ex comandante della brigata dell’IRA di Belfast e David Ervine, leader del gruppo paramilitare protestante Ulster Volunteer Force. Il libro è basato sulle interviste raccolte alcuni anni fa dagli studiosi del Boston College. L’obiettivo dei ricercatori era quello di raccogliere le testimonianze degli ex leader dei gruppi paramilitari prima che fosse troppo tardi: il patto era che questi rompessero il codice del silenzio e parlassero con la massima franchezza, ricevendo in cambio la promessa che niente sarebbe stato pubblicato prima della loro morte (Hughes è morto nel 2008, Ervine un anno prima). Il libro era talmente atteso in Irlanda che 85 copie sono state vendute in mezz’ora subito dopo il loro arrivo negli scaffali della piccola libreria di Andersonstown, quartiere popolare repubblicano di Belfast ovest. Anche nel sud dell’isola si sono registrati molti casi simili. Appare particolarmente rilevante il fatto che nelle sue pagine un uomo di spicco dell’esercito repubblicano come “The Dark” confermi, per la prima volta, il coinvolgimento di Gerry Adams nella lotta armata: Hughes è stato per lunghi anni amico e compagno di lotta di Adams, che ha sempre invece negato di aver fatto parte dell’IRA. Secondo le rivelazioni di Hughes (un estratto qui), il presidente di Sinn Fein avrebbe ordinato personalmente alcuni noti omicidi ‘punitivi’ compiuti dall’IRA nei primi anni ’70. Uno di questi vide la morte e la sparizione del cadavere di Jean McConville nel 1972. La donna, che abitava nel quartiere nazionalista di Falls Road con i suoi dieci figli, fu punita per aver collaborato con l’esercito britannico, divenendo forse la più famosa tra le vittime dell’IRA “scomparse”, cioè sepolte in luoghi segreti per depistare le indagini sulla loro fine. “Non ho mai compiuto un’operazione del genere senza l’ordine o l’avallo da parte di Gerry – racconta Hughes – e vederlo seduto in parlamento negando il suo passato è come vedere Hitler che nega l’esistenza dell’Olocausto”. “La donna – prosegue Hughes – era un’informatrice degli inglesi. Inviai un’unità a perquisire la sua abitazione e trovò una ricetrasmittente. L’arrestammo e la interrogammo. L’ordine di ucciderla arrivò dall’uomo che da anni guida il Sinn Fein”. Far parte dell’Ira, per Brendan “The Dark” Hughes, era un onore, non una vergogna. Le sue dichiarazioni postume sono quindi una sorta di vendetta, perché il defunto volontario repubblicano riteneva inammissibile che Gerry Adams, suo vecchio amico e compagno, continuasse a negare il suo coinvolgimento. Lo considerava anche una mancanza di rispetto nei confronti dei compagni caduti. Adams avrebbe guidato il gruppo degli “sconosciuti”, un’unità speciale dell’esercito repubblicano che divenne attiva dal 1972, subito dopo il suo rilascio dalla prigione di Long Kesh, per prendere il comando della brigata di Belfast. Quando si scopriva che un nazionalista di Belfast lavorava come informatore per la polizia o l’esercito britannico, veniva ammazzato con un colpo alla testa e il suo corpo veniva lasciato sulla strada, perché fosse da monito per gli altri. Ma quando un omicidio veniva considerato imbarazzante per l’IRA – come nel caso della McConville, madre di dieci figli – il suo corpo ‘spariva’, veniva cioè sepolto in un luogo ignoto. Se il diretto coinvolgimento di Adams fosse confermato anche a livello giudiziario, il leader di Sinn Fein potrebbe fare la fine dell’ex presidente peruviano Fujimori, condannato un anno fa per violazioni dei diritti umani, tra cui la ‘sparizione’ di alcuni studenti.
Riccardo Michelucci