Quanto valgono le vite dei palestinesi

Soulayma Mardam Bey (da Internazionale)


Andrey Kozlov, Shlomi Ziv e Noa Argamani. Tre di loro hanno intorno ai vent’anni, uno è sulla quarantina. Sono stati tutti catturati al festival di musica elettronica Nova durante il sanguinoso attacco condotto il 7 ottobre da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi in Israele. Sono stati liberati l’8 giugno durante un’operazione israeliana nel campo di Nuseirat, che si trova nel centro della Striscia di Gaza. Continua a leggere “Quanto valgono le vite dei palestinesi”

Un venerdì nero e senza giustizia

Il Venerdì di Repubblica, 17 maggio 2024


Cinquant’anni di silenzi e omertà hanno ostacolato la giustizia sul “Venerdì nero” di Dublino e Monaghan, la più grave strage di civili del conflitto anglo-irlandese. Il 17 maggio 1974, all’ora di punta del pomeriggio, tre autobombe esplosero quasi contemporaneamente nel centro della capitale uccidendo ventisei persone e ferendone centinaia. Fra le vittime ci fu anche un immigrato italiano, il 37enne Antonio Magliocco. Continua a leggere “Un venerdì nero e senza giustizia”

Quanto ci manca Tiziano Terzani


Quanto ci manchi, Tiziano. Nel 2001 avevi già intuito che la cosiddetta “guerra al terrorismo” scoppiata dopo l’attacco alle Torri gemelle avrebbe avviato lo smantellamento dei pilastri del diritto internazionale, l’attacco definitivo a un’idea di mondo che si era formata dopo la Seconda guerra mondiale. Quel 11 settembre fu l’ultimo spartiacque della tua vita. Di fronte agli attacchi a New York e Washington scegliesti di impegnarti con tutte le sue forze per far capire all’Occidente che la strada giusta non era quella della vendetta ma quella del dialogo. Continua a leggere “Quanto ci manca Tiziano Terzani”

Il mio Nord Irlanda, salvato dal partito delle donne

Intervista a Monica McWilliams (Avvenire, 13 aprile 2024)


Monica McWilliams, cattolica di Belfast, è stata una pioniera. Negli anni ‘90, quando la politica in Irlanda del Nord era ancora considerata un affare soltanto per gli uomini, fu l’unica donna ammessa ai negoziati che sarebbero culminati nello storico accordo di pace del 1998. Il suo era un impegno che veniva da lontano: da oltre vent’anni affiancava al lavoro di ricercatrice universitaria sulle discriminazioni di genere un’intensa attività di volontariato con le donne nelle aree più povere della Provincia britannica. Nell’aprile del 1996, insieme alla protestante Pearl Sagar, fondò la Northern Ireland Women’s Coalition (NIWC), un partito politico che si proponeva di superare le tradizionali divisioni confessionali della società nordirlandese mettendo al centro i diritti civili, l’inclusione e l’uguaglianza. Continua a leggere “Il mio Nord Irlanda, salvato dal partito delle donne”

Serve un museo sulla storia del colonialismo

da Avvenire


Quella che Joseph Conrad definì “la più grande corsa al saccheggio che abbia mai sfigurato la storia della coscienza umana” fu persino musealizzata per volere del suo principale ispiratore. Nei giorni dell’esposizione universale di Bruxelles del 1897, re Leopoldo II del Belgio, divenuto l’unico proprietario del cosiddetto Stato Libero del Congo, fece allestire uno zoo umano nel parco della proprietà reale di Tervuren, alla periferia della capitale. Le popolazioni africane vennero messe in mostra come bestie rare: tre donne e quattro uomini morirono durante i giorni della manifestazione. I loro nomi sono rimasti incisi ancora oggi su lastre grigie all’ingresso del Museo reale dell’Africa centrale, la vetrina del possedimento personale del satrapo belga. Continua a leggere “Serve un museo sulla storia del colonialismo”

La lettera di Albert Einstein e Hannah Arendt sulla deriva fascista di Israele


Il 2 dicembre 1948 ventotto intellettuali ebrei, tra i quali Albert Einstein ed Hannah Arendt, inviarono una lettera alla redazione del New York Times per denunciare la deriva fascista imposta dal futuro primo ministro Menachem Begin alla natura dello Stato israeliano, fondato nel maggio dello stesso anno.

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Nella nuda terra dell’est il lato rimosso dell’Olocausto

Intervista allo storico Frediano Sessi da Avvenire

Chelmno, Belzec, Sobibor, Treblinka. L’orrore della Soluzione finale nazista ebbe inizio lì, nella più remota periferia polacca, ai margini orientali dell’Europa. La macchina dello sterminio degli ebrei si mise in moto nell’estate del 1941, in concomitanza con l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, e poi si allargò come una metastasi al resto del Vecchio continente. Ma quei luoghi che testimoniarono la genesi della Shoah, in cui trovò la morte quasi un terzo del totale degli ebrei eliminati hanno subito un progressivo processo di rimozione che ne sta inesorabilmente cancellando la memoria.
«A differenza di Auschwitz-Birkenau, dov’è stato realizzato il museo più grande d’Europa sull’Olocausto, sui centri di sterminio della Polonia centrale e settentrionale non esistono testimonianze, le prove concrete sono scarse e per individuare tracce di ciò che accadde è necessario affidarsi alla ricerca archeologica». Continua a leggere “Nella nuda terra dell’est il lato rimosso dell’Olocausto”

“Il mio calvario in un gulag albanese”

Intervista a Fatos Lubonja, da Gariwo Magazine

Fatos Lubonja, uno degli intellettuali albanesi di maggior spicco, porta incise nel corpo e nell’anima le ferite dell’ultimo mezzo secolo di storia dell’Albania. Ai tempi del regime comunista pagò la sua dissidenza con diciassette anni di prigionia nei gulag del Paese, tornando libero solo dopo la fine della dittatura, nel 1991, ormai quarantenne. Scrittore e giornalista pluripremiato e apprezzato anche in Italia (alcuni anni fa si aggiudicò, tra l’altro, il premio Moravia), da oltre due decenni Lubonja vive stabilmente in Italia ma continua a frequentare l’Albania analizzando con lucidità sia gli orrori del passato che le contraddizioni della nuova democrazia albanese. Continua a leggere ““Il mio calvario in un gulag albanese””

Blinne, dall’Irlanda a Gaza in difesa delle vittime

Quando aveva appena dodici anni Blinne Ní Ghrálaigh trovò nella libreria di sua madre un opuscolo che mostrava la foto di una ragazza più o meno della sua età. Raccontava la storia di Majella O’Hare, una giovane studentessa irlandese che nel 1976 fu uccisa con un proiettile sparatole alla testa da un paracadutista britannico mentre stava camminando nelle vicinanze di un posto di blocco dell’esercito. “Le circostanze di quell’omicidio, la giovane età della vittima e il fatto che nessuno sia mai stato perseguito mi cambiarono la vita”, ha raccontato Ní Ghrálaigh qualche mese fa in un’intervista. Continua a leggere “Blinne, dall’Irlanda a Gaza in difesa delle vittime”