“L’Arno scorre a Firenze”: è rinata Radio Cora

Radio Cora, l’emittente clandestina che durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo mantenne i contatti tra la Resistenza toscana e i comandi alleati, è rinata settant’anni esatti dopo la sua tragica fine, con gli arresti, le torture e le fucilazioni del giugno 1944. È una rinascita che segue lo spirito dei tempi sia nella forma che nei contenuti: la nuova Radio Cora è infatti una web radio che sfrutta tutte le potenzialità delle nuove tecnologie e si ispira ai valori espressi dalla Carta Costituzionale, cercando di declinare in ogni singola fase della sua attività il concetto di “indipendenza”. radiocoraQuella che pare un’utopia irrealizzabile è invece già realtà perché Radio Cora – patrocinata dall’Anpi e diretta dal giornalista Domenico Guarino – funziona esclusivamente grazie al contributo degli ascoltatori, chiamati a sottoscrivere una quota annua minima di dieci euro l’anno per ottenere in cambio una programmazione davvero indipendente anche in termini di emissione, di formati, di programmi e di linguaggi. Alla presentazione ufficiale che si è svolta nei giorni scorsi a Firenze, al Circolo di San Niccolò (dove la radio ha anche la sua sede), hanno risposto in tantissimi. E in pochi giorni centinaia di persone hanno anche raccolto entusiasticamente l’appello sottoscrivendo la tessera.
firenze_monumento_all_ultima_sede_di_radio_coraPer capire quanto la rinascita di Radio Cora rappresenti un fatto dal forte sapore simbolico per la memoria della Resistenza di Firenze e di tutta Italia basta ricordare cosa rappresentò l’emittente durante la guerra di Liberazione. La Co.Ra. (acronimo di “Commissione Radio”) era un progetto di intelligence che tenne da Firenze i contatti con il Comando angloamericano dell’VIII Armata di stanza a Bari. Per circa cinque mesi, tra il gennaio e il giugno del 1944, la radio orientò i lanci alleati di materiali utili ai partigiani in montagna, guidò gli attacchi aerei alle truppe tedesche e cercò di fornire agli alleati dati sull’esatta ubicazione degli obiettivi militari, per evitare quelli che oggi chiameremmo “effetti collaterali” dei bombardamenti, ovvero le vittime civili delle incursioni aeree. Inoltre fornì informazioni che risultarono preziose anche per accelerare l’avanzata degli Alleati verso il nord Italia. Quella di Radio Cora è una storia eroica fatta di sedi per trasmettere che cambiano quasi ogni giorno, di pezzi di radio trasportati di nascosto a rischio della vita, di parole d’ordine criptate di cui la più famosa è rimasta nella memoria di molti, “L’Arno scorre a Firenze”. Per poter trasmettere con regolarità senza rischiare di essere scoperti dai nazisti, la radio veniva spostata di continuo e non trasmetteva mai due volte di seguito dallo stesso posto. Purtroppo neanche questa precauzione bastò a salvare le vite dei componenti del gruppo: la storia di Radio Cora si conclude tragicamente il 7 giugno 1944, quando i nazisti fanno irruzione nella sede di piazza D’Azeglio dopo aver individuato la ricetrasmittente, forse grazie a una spiata, forse semplicemente riuscendo a localizzarla con i radiogoniometri. Il giovane radiotelegrafista Luigi Morandi viene sorpreso mentre trasmette, ha la prontezza di sottrarre una pistola a un soldato tedesco e di ferirlo a morte, prima di essere crivellato di colpi a sua volta. Morirà due giorni dopo, in ospedale. Enrico Bocci, Italo Piccagli, Gilda Larocca e altri tre membri del gruppo – Carlo Campolmi, Guido Focacci e Franco Gilardini – vengono invece arrestati e tradotti a Villa Triste, il luogo di tortura allestito dai nazifascisti in città, dove subiscono sevizie inaudite. Il 12 giugno Piccagli viene fucilato nei boschi di Cercina, sul monte Morello, insieme a quattro paracadutisti che erano stati inviati dall’VIII Armata per rafforzare il gruppo. Bocci viene invece torturato per giorni: i suoi aguzzini lo mantengono in vita a forza con iniezioni di cardiotonici e cercano in tutti i modi, ma inutilmente, di farlo parlare. Il suo cadavere non sarà mai più ritrovato. La Rocca, Campolmi e Gilardini finiscono nel campo di concentramento di Fossoli, da dove riusciranno a scappare durante il trasferimento in Germania. I “martiri” di Radio Cora, cioè Enrico Bocci, Italo Piccagli e Luigi Morandi, hanno ricevuto la Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria e tutti gli anni a Firenze, il 7 giugno, davanti al monumento di piazza D’Azeglio si svolgono commemorazioni per tramandare la memoria di Radio Cora.
RM

Per sostenere la nuova Radio Cora è possibile versare 10 euro sul conto aperto a nome dell’Associazione Radio Cora, presso Banca Etica, IT49 Y050 1802 8000 0000 0173 825 indicando nella causale ‘tesseramento 2014’

Testimoni di libertà

Dobbiamo fare presto. Quando, tra pochi anni, non ci sarà più nessun testimone in grado di raccontarci cosa voleva dire lottare per la libertà e la democrazia, ci rimarranno solo gli strumenti della storia per decidere su cosa fondare la nostra identità nazionale. Sulla Grande guerra – risponderanno alcuni – oppure sulla Resistenza, cioè su quell’unione tra volontari combattenti e gente comune che molti considerano ancora un episodio confuso, a tratti contraddittorio, del nostro passato e che per questo continua a essere oggetto di ripetuti tentativi di revisionismo. Dobbiamo sbrigarci a trasmettere alle giovani generazioni lo spirito di quell’esperienza che oggi appare quasi mitica e i cui contenuti sembrano appartenere a un’epoca infinitamente distante da noi. Quando anche l’ultimo partigiano si sarà arreso alla selezione naturale compiuta dal tempo, l’unica cosa che ci resterà saranno le testimonianze, i ricordi e i frammenti di storia raccontati da chi la Resistenza l’ha vissuta davvero, sulla propria pelle. Di coloro cioè che dopo l’8 settembre del 1943 potevano fare scelte diverse – pensando alla propria salvezza e al proprio bene personale – e invece scelsero l’interesse superiore di un popolo e di una nazione. Nel libro “Ribelli!” appena mandato in libreria da Infinito edizioni, i giornalisti Domenico Guarino e Chiara Brilli hanno raccolto una quindicina di voci di uomini e di donne che decisero di farsi partigiani e di lottare per il bene comune, diventando gli artefici primi della costruzione della nostra democrazia. Sono andati a scovarli in tutta Italia, dal nord al sud del paese, in un viaggio della memoria che arriva fino ai giorni nostri e che, a dispetto dell’età avanzata, li vede ancora oggi indignarsi lucidamente di fronte a un presente molto diverso da quegli ideali per i quali avevano messo a repentaglio le loro vite. Non deve stupire che oggi siano proprio gli ottantenni, o addirittura i novantenni, a invitare i giovani alla ribellione: basti pensare al grande Mario Monicelli – che fino all’ultimo invitava a fare la rivoluzione – o al francese Stephane Hessel, anch’egli ex partigiano, che a 93 anni è diventato un caso letterario con il suo elogio dell’indignazione. La credibilità sempre più scarsa dei politici e delle istituzioni dimostra quanto sia necessario un richiamo etico da parte dei più anziani. I moniti e gli insegnamenti di figure note come Marisa Rodano, Massimo Rendina, Silvano Sarti e Rolando Ricci e di altre meno conosciute, ma ugualmente significative, contenuti in questo libro saranno indispensabili per raccontare ai più giovani come, nel momento più buio, un popolo seppe trovare lo slancio e l’indispensabile coesione per crescere socialmente, economicamente e culturalmente. Il volume di Guarino e Brilli ci ricorda anche che furono i loro sacrifici e il loro coraggio a innescare quel processo che portò alla nascita della nostra Costituzione, consentendo all’Italia d’imboccare la strada della libertà e dello sviluppo civile dopo un ventennio di barbarie. Il merito principale dei due autori è quello di aver voluto ascoltare queste voci a futura memoria, prima che sia troppo tardi, ma senza limitarsi all’analisi del passato, effettuando invece un opportuno raffronto con un altro ventennio: quello concluso appena pochi giorni fa. Il risultato è un’operazione culturale complessa che può costituire un valido antidoto anche ai ricorrenti e inaccettabili tentativi di equiparazione tra partigiani e repubblichini, magari nascosti dietro a presunte iniziative di pacificazione. Per riuscire nei suoi intenti, “Ribelli!” è corredato da un robusto apparato di note utili a contestualizzare le interviste e si avvale anche di un supporto audiovisivo a tratti toccante – al libro è allegato l’omonimo dvd realizzato da Massimo D’orzi e Paola Traverso – che mostrandoci i volti in alcuni casi traditi dalle emozioni dei quindici ex partigiani, ce li fa sentire ancora più vicini.
RM
(recensione uscita oggi su Left)