La guerra in Ucraina rischia di riaccendere il caos nei Balcani?

Avvenire, 13 marzo 2022

L’attacco russo all’Ucraina rischia di far scoppiare nuovamente il caos nei Balcani occidentali, innescando nuove tensioni in Serbia, in Kosovo e in Bosnia. A preoccupare i servizi di intelligence europei e statunitensi è soprattutto la Serbia, che ha storici legami culturali ed economici con la Russia, dalla quale dipende totalmente per il proprio approvvigionamento energetico. Ma soprattutto, Belgrado vede in Mosca un alleato politico capace di impedire che il Kosovo diventi membro dell’Onu avvalendosi del suo potere di veto in seno al Consiglio di sicurezza. E proprio in sede Onu non è passata inosservata la reazione del presidente serbo Aleksandar Vucic di fronte alla crisi ucraina. Dopo qualche giorno di incertezza, sottoposto a forti pressioni, Vucic ha deciso di votare a favore della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che condanna l’attacco russo, affermando però che la Serbia sostiene l’integrità territoriale dell’Ucraina ma non intende introdurre sanzioni contro Mosca. Una posizione ambigua, che può apparire quasi contraddittoria, ma che in realtà fotografa alla perfezione il ruolo di Belgrado nell’attuale contesto internazionale, ovvero quello di un Paese in bilico tra l’adesione all’UE (i negoziati per il suo ingresso sono in corso ormai dal 2014) e la sua storica special relationship con Mosca. Le ambiguità di Belgrado non hanno mancato di riaccendere subito le tensioni con Pristina, che proprio in questi giorni ha chiesto di accelerare la procedura della sua adesione sia all’UE che alla Nato.
L’aggressione di Putin all’Ucraina ha spaccato profondamente anche l’opinione pubblica serba. I mezzi di informazione allineati al potere si sono schierati apertamente per Mosca e nei giorni scorsi un migliaio di persone ha manifestato a sostegno della Russia nel centro di Belgrado. I dimostranti, perlopiù appartenenti a gruppi neo-comunisti e di estrema destra, si sono riuniti sotto il monumento a Nicola II, l’ultimo zar russo, e hanno calpestato in segno di disprezzo la bandiera dell’UE criticando il governo per aver votato a favore della risoluzione Onu che condanna la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Nella capitale serba ha sfilato anche un corteo a sostegno del popolo ucraino, che chiedeva l’immediata cessazione dell’intervento militare russo, mentre altre manifestazioni a favore di Mosca si sono svolte a Banja Luka, capoluogo della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina. Bruxelles ha messo in chiaro che la Serbia deve allinearsi alla politica estera e di sicurezza comune se non vuole rallentare il proprio percorso di avvicinamento all’Unione Europea. Ma nel Paese è ancora vivo il ricordo dei bombardamenti della Nato della primavera 1999, che hanno generato nella popolazione un forte risentimento nei confronti dell’Alleanza atlantica e delle potenze occidentali. Il 3 aprile si terranno peraltro le elezioni presidenziali e politiche – oltre alle amministrative della capitale –, in cui l’attuale presidente Aleksandar Vucic punta a consolidare la propria leadership.

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