Tsinandali, una Borgogna sul Mar Nero

Avvenire, 12 gennaio 2024

reportage da Tsinandali (Georgia)


Il vento della storia soffia forte ai piedi delle montagne del Caucaso, incrocio di culture, lingue, religioni e civiltà millenarie. Quando fu annessa all’impero zarista circa due secoli fa, la Georgia entrò prepotentemente nell’immaginario russo e divenne fonte d’ispirazione per molti grandi scrittori, da Pushkin a Lermontov, da Pasternak a Cvetaeva. Eppure è sempre riuscita a mantenere ben salda la sua identità, quella di un Paese fieramente indipendente dalla cultura antichissima. A meno di cento chilometri a est della capitale Tbilisi, a circa un paio d’ore dal confine con la Russia, c’è un luogo che nel XIX secolo diventò un crocevia dell’élite intellettuale europea.

Tutto cominciò quando il principe-poeta Alexander Chavchavadze, considerato il padre del romanticismo georgiano, aprì la sua tenuta di famiglia affacciata sulle vette del Caucaso, nel cuore dell’immensa pianura di Kakheti, trasformandola nel centro della vita culturale del Paese. Dopo aver combattuto le guerre napoleoniche dalla parte nell’impero russo, Chavchavadze decise di lasciare San Pietroburgo per trasferirsi nel tranquillo villaggio di Tsinandali e iniziare il suo progetto di europeizzazione della Georgia. Nei suoi diciotto ettari di possedimenti fece costruire nel 1812 un grandioso palazzo decorato con mobili russi e francesi e commissionò ai migliori architetti paesaggisti europei l’allestimento di un giardino all’inglese con centinaia di specie di alberi e di piante esotiche. Ma sfruttò anche i vigneti più antichi e pregiati del Paese, che si estendevano come oggi a perdita d’occhio intorno alla sua tenuta, e sviluppò le tecniche di vinificazione garantendo alla regione un ruolo di primo piano nella produzione del vino locale che è stato tramandato fino ai giorni nostri.

Tbilisi

Nella prima metà del XIX secolo si ritrovarono alla sua corte alcuni dei più grandi intellettuali e scrittori dell’epoca. Dal francese Alexandre Dumas – che definì Tsinandali il “giardino dell’Eden” – al russo Aleksandr Puškin, che attraversò la Georgia ai tempi della guerra russa-turca del 1829 dedicandole opere memorabili, fino ai poeti russi Mikhail Lermontov e Alexander Odoevskij. In quegli anni la tenuta divenne anche il rifugio dei “decabristi”, i rivoluzionari russi di origine aristocratica che nel 1825 si rivoltarono contro lo zar Nicola I e furono costretti all’esilio per scampare alle persecuzioni. In breve tempo Tsinandali divenne un crocevia culturale tra Europa e Asia lungo la Via della Seta, un luogo frequentato da uomini di arte e di scienza ma anche un’oasi di pace in una parte dell’Impero russo da sempre in bilico tra Oriente e Occidente, nella quale spesso infuriavano conflitti.

Rimasta tagliata fuori dall’intero mondo cristiano dopo la caduta di Costantinopoli, la Georgia si era vista costretta a chiedere aiuto alla Russia. Ma l’annessione imposta dallo zar Paolo I all’inizio del XIX secolo segnò profondamente la storia e la cultura del paese caucasico. “Nei suoi poemi romantici Chavchavadze lodava il passato glorioso della Georgia rappresentando con toni cupi la sua nazione sotto il giogo russo”, ci spiega Irakli Pipia, antropologo dell’Università di Tbilisi. “La sua opera ha avuto un gigantesco impatto sulla letteratura georgiana, perché per primo avvicinò il linguaggio poetico a quello vernacolare, unendo elementi della lirica poetica persiana alla cultura del romanticismo europeo”.

Alexander Chavchavadze fu anche un paladino dell’indipendenza georgiana e uno strenuo difensore della lingua nativa, al punto che nel 1832 si unì alla cospirazione degli aristocratici georgiani contro lo zar. Ma quel colpo di Stato fallì ed ebbe conseguenze drammatiche anche per la letteratura autoctona. Molte poesie scritte fino ad allora, ispirate dal romanticismo e dalla ricerca dell’uguaglianza, furono bruciate dagli stessi autori poiché costituivano prove che potevano essere usate contro di loro.

Il monastero ortodosso di Alaverdi

L’epoca d’oro che aveva visto Tsinandali diventare il più ambito cenacolo letterario del Caucaso era destinata a finire tragicamente pochi anni dopo la morte del principe. Nel 1854 gli uomini della tribù Lezgin del Daghestan saccheggiarono il palazzo e rapirono una ventina di donne e bambini. Per pagare il riscatto e riavere indietro gli ostaggi la famiglia Chavchavadze fu costretta a vendere tutti i suoi possedimenti. Alla fine dell’Ottocento il palazzo e la tenuta passarono in mano allo zar Alessandro III per poi cadere definitivamente in rovina durante il periodo sovietico. “Quelli furono anni davvero terribili sia per la cultura che per la produzione vinicola dell’area”, precisa l’antropologo Irakli Pipia. “Da queste parti gli archeologi hanno riscontrato tracce di vinificazione risalenti al VIII secolo avanti Cristo. E prima della Rivoluzione russa del 1917 la Georgia contava oltre cinquecento vitigni autoctoni. Ma i sovietici, che preferivano la quantità alla qualità, industrializzarono la viticoltura trasformando il Paese in un produttore di massa di uva a buon mercato e di scarsa qualità per i consumatori russi”.

Tsinandali conobbe un primo accenno di rinascita a partire dal Secondo dopoguerra, quando nel 1946 fu inaugurato il museo della famiglia Chavchavadze nel centenario della morte del principe. Al suo interno si percepisce appieno quanto questo luogo sia strettamente legato alla storia della Georgia e ai suoi controversi rapporti con il gigante russo. Nelle sue stanze restaurate e aperte al pubblico sono conservati mobili, oggetti personali – tra cui la scrivania del principe – e quadri d’epoca di autori georgiani che restituiscono l’atmosfera degli ultimi due secoli. Il vero processo di recupero dopo un lungo periodo d’abbandono è iniziato però alla fine degli anni ‘80, in concomitanza con il crepuscolo dell’Unione Sovietica, quando il parco è stato riconosciuto di interesse nazionale avviando un complesso restauro che ha riportato finalmente Tsinandali al suo antico splendore. La tenuta è stata trasformata in un centro artistico e culturale polivalente e in una destinazione turistica molto ambita. Ogni anno ospita un importante festival internazionale di musica classica che riunisce artisti di fama mondiale e giovani talenti provenienti da tutti i paesi del Caucaso. Le rovine architettoniche della cantina del principe, anch’essa risalente a oltre due secoli fa, sono state riportate a nuova vita dal designer tedesco Ingo Maurer. Con una collezione di migliaia di bottiglie di vino che testimoniano l’antica storia vitivinicola di questa piccola Borgogna sul Mar Nero.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *