di Niccolò Rinaldi
È già viaggio ma è ancora prima della partenza: quel mettersi a navigare sul computer per progettare tappe e programmi di visite. Una volta decisa la destinazione, sui siti dedicati si scelgono gli alberghi e i luoghi da non perdere, ci si fa un’idea leggendo recensioni di chi ci ha preceduto, si prende qualche appunto e si comincia a farsi un’idea di dove stiamo per andare. Un anticipo del viaggio che ne è preparazione, ma oggi anche un surrogato non per guardare a ciò che ci attende una volta arrivati, ma per guardare all’indietro, là dove non andremo, là dove una città nel frattempo devastata è rimasta cristallizzata su internet.
Accade per Mariupol, come per tante altre città dell’Ucraina. I fusi orari della storia non sono sincronizzati, e Tripadvisor persiste nell’illustrare le attrazioni, con i “24 luoghi in ordine di preferenza dei viaggiatori”: si comincia con la Moschea del Sultano Solimano, con un voto da 5/5, e commenti del genere: “Bell’edificio e altrettanto bel giardino, luogo ideale da fotografare”.
Al secondo posto, c’è la pinacoteca Arkhip Kuindzhi definita da un visitatore, Karlo, “una quieta delizia”. Altre quiete delizie di questa città di mare erano, anzi sono ancora su Tripadvisor, il parco cittadino, una sala giochi, lo zoo, il bowling, luoghi che appaiono come fantasmi al cospetto della devastazione di oggi, come il porto e il suo museo.
Lo aspettiamo con un brivido, scorrendo la lista, e lo troviamo al settimo posto: non proprio il teatro di Mariupol, ma la “Piazza e il giardino del Teatro”. Le recensioni descrivono un luogo pulito, accogliente, “perfetto per passeggiate in famiglia”. Qualcuno si lamenta che è un posto fin troppo tranquillo e lo definisce noioso. Per altri, il teatro di Mariupol soffre di un vero problema: la difficoltà di trovare parcheggio.
È una lettura surreale. A suo modo, Tripadvisor manifesta ancora la civiltà di Mariupol, la ricorda per quello che era fino a ieri, una città unica come tutte, accogliente come tante altre, vissuta intorno alla sua quotidianità. Le liste di luoghi da visitare, di ristoranti, di negozi, costituiscono oggi altrettanti rimproveri verso la barbarie, il registro delle normalità della civiltà di cui dobbiamo ricordarci al cospetto delle macerie intervenute in poche settimane. Attraverso Tripadvisor il viaggio è ancora possibile, quantomeno è evocato per quello che dovrebbe essere.
C’è tuttavia un punto nel quale la realtà sul campo e quella virtuale ancora sospesa nei siti, vengono a contatto – e i conti non tornano. Accade quando, nella lista degli alberghi indicati, si cerca di fare una prenotazione. Per quanto il sito continui a presentare ancora gli hotel di Mariupol “come se niente fosse”, nessuna prenotazione può essere effettuata presso un albergo cittadino: ogni volta, con una dizione di involontario, crudele, sarcasmo, l’utente viene invitato a “prendere contatto direttamente con la struttura per averne la disponibilità”. Così, non andremo all’Hotel Reikartz, il migliore, tutto colorato, e nemmeno possiamo fare una prenotazione di solidarietà.
Insistendo, Tripadvisor trova comunque una soluzione, e propone, per Mariupol, sistemazioni negli alberghi più vicini dove si può prenotare: tutti almeno a sessanta chilometri di distanza da quel luogo martire, e tutti in Russia. Nel risultato di questo algoritmo c’è qualcosa di paradossale e di atroce. In ogni caso, con molto tatto, Tripadvisor invita alla cautela: “attualmente ti sconsigliamo i viaggi in Ucraina a causa di conflitti armati e gravi rischi per la sicurezza”.
Tanto, non andremo a Mariupol, nessun turista ci andrà più per anni, e in mancanza di meglio possiamo solo progettarne un soggiorno virtualmente, sfogliando recensioni di ristornati e alberghi su internet.
Internet tiene in allenamento la nostra immaginazione, lascia scolpito ciò che è stato e dovrebbe ancora essere. Se il collezionista di opuscoli turistici per Pessoa era il viaggiatore ideale, lo può essere il navigatore su Tripadvisor. Visiteremo così Mariupol, in un esercizio della melanconia e dell’impotenza, ma anche in un atto di resistenza se non di piccola ribellione.
(da “Rewriters”)