Il colpo di spugna di Londra sul sangue irlandese

Avvenire, 22 luglio 2021

Rabbia, sconcerto, incredulità: traspariva tutto questo sui volti dei deputati dell’assemblea di Stormont riunitisi d’urgenza martedì scorso a Belfast per approvare all’unanimità una mozione di condanna contro l’amnistia sui “Troubles” proposta dal governo di Londra. Mai nella storia del parlamento nordirlandese creato dall’Accordo di pace del 1998 si era verificata una simile convergenza di vedute tra i partiti cattolico-nazionalisti e quelli unionisti-protestanti. Tutti uniti nel respingere con fermezza quanto annunciato nei giorni scorsi dal ministro britannico per l’Irlanda del Nord, Brandon Lewis, ovvero una legge che bloccherebbe ogni nuova indagine, civile o penale, sui crimini commessi durante il conflitto anglo-irlandese e garantirebbe l’immunità sia ai membri dell’esercito e della polizia che dei gruppi paramilitari.
Con tale provvedimento il governo di Boris Johnson intende cancellare una volta per tutte un passato scomodo e doloroso. Ma al tempo stesso darebbe un gravissimo colpo di spugna alla memoria e, lungi dal favorire la riconciliazione, finirebbe col gettare benzina sul fuoco di un processo di pace che ha già ricominciato a scricchiolare in seguito alla Brexit. Dietro l’apparente unità, i partiti politici nordirlandesi esprimono infatti punti di vista opposti e per certi versi inconciliabili sul tema della giustizia. Lo Sinn Féin e gli altri partiti d’ispirazione cattolico-nazionalista si battono da sempre per ottenere la condanna dei soldati e dei membri delle forze di sicurezza britanniche che si sono resi responsabili di gravi crimini contro i civili. Gli unionisti invece vorrebbero portare in tribunale gli ex membri dell’IRA ma al tempo stesso impedire nuove indagini a carico dei militari. “I deputati del Sinn Féin sanno tutto sull’attività dell’IRA ma si rifiutano di collaborare con la giustizia”, ha accusato in aula Robin Newton del DUP, al quale ha risposto Gerry Kelly del Sinn Féin, secondo il quale l’amnistia servirebbe a coprire il ruolo di Londra nella cosiddetta “guerra sporca”, ovvero i numerosi casi di collusione tra i paramilitari unionisti e le forze dello Stato britannico. Concedendo un’immunità indiscriminata e definitiva Londra scontenterebbe entrambi e allontanerebbe un futuro condiviso basato su verità e giustizia. Le centinaia di famiglie delle vittime di entrambe le parti sono intenzionate a opporsi con decisione all’iniziativa di Downing Street. Darragh Mackin, uno dei legali di Belfast impegnati in tanti casi ancora aperti relativi ai “Troubles”, ha definito la decisione di Londra “spaventosa”, spiegando che “chiunque ha il diritto di conoscere la verità sull’uccisione dei propri cari con inchieste e processi imparziali”. La proposta unilaterale di amnistia ha già scatenato anche l’ira di Dublino perché violerebbe l’accordo internazionale raggiunto con Londra a Stormont House nel 2014, che chiedeva un approccio condiviso sul tema della memoria. Ieri il primo ministro irlandese Michéal Martin l’ha ricordato a Boris Johnson nel corso di una lunga conversazione telefonica. Una condanna netta è arrivata anche dalla Chiesa cattolica irlandese: “un sistema che antepone i sentimenti dei colpevoli all’angoscia delle vittime non serve a voltare pagina ma solo a perpetuare il dolore”, ha detto monsignor Donal McKeown, vescovo di Derry, la città martire della “Bloody Sunday”.

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