Il venerdì di Repubblica, 6 agosto 2021
“Era un lunedì d’agosto di cinquant’anni fa. Nella tarda serata di quel giorno, i soldati britannici che stazionavano da tempo nel nostro quartiere iniziarono a spararci addosso senza alcun preavviso. Mi precipitai nel parco di fronte a casa mia per cercare di mettere in salvo un bambino ma venni colpito alle spalle. Caddi per terra e quando alzai gli occhi vidi il nostro parroco, padre Hugh Mullan, venirmi incontro sventolando un fazzoletto bianco. Fece appena in tempo a darmi l’estrema unzione prima di essere colpito a sua volta da un paracadutista appostato a poca distanza da noi. Morì dissanguato dopo una lenta agonia”. Oggi Bobby Clarke ha 87 anni, vive da sempre nell’enclave cattolica di Ballymurphy, a Belfast, e da mezzo secolo è costretto a rivedere al rallentatore la scena che dette il via al massacro. Dopo padre Mullan ammazzarono il 19enne Francis Quinn con un colpo alla schiena. Anche lui stava cercando di aiutare un ferito. Poi fu la volta di Joan Connolly, 44 anni e madre di nove figli. La lunga scia di sangue durò trentasei ore, tra il 9 e l’11 agosto 1971, e dopo l’uccisione di altri sette civili si concluse con la morte di un’undicesima vittima, Paddy McCarthy, che morì d’infarto quando un soldato britannico gli mise in bocca una pistola scarica e finse di sparargli.
Da due anni l’Irlanda del Nord era in preda al caos e il governo di Londra (all’epoca guidato dal conservatore Edward Heath) aveva deciso di introdurre una misura tanto estrema quanto controproducente come l’internamento senza processo. All’alba di quel 9 agosto era partita l’“Operazione Demetrius”, una gigantesca retata dell’esercito nelle aree cattoliche. In poche ore trecento persone vennero prelevate dalle loro abitazioni e arrestate senza mandato. Fu come gettare ulteriore benzina sul fuoco della rivolta, aizzando la rabbia della popolazione e innescando la violenza inaudita dei soldati. Quello del piccolo quartiere di Ballymurphy fu un massacro silenzioso e quasi invisibile, perché avvenne lontano dalle telecamere e da occhi indiscreti. A portare l’inferno era stato il I Battaglione dei paracadutisti inglesi, lo stesso che cinque mesi dopo fu inviato nella cittadina di Derry, dove si rese responsabile della famosa “Bloody Sunday” del 30 gennaio 1972, un’altra strage di civili che è stata ricordata in film e canzoni e che divenne, anche per questo, oggetto della più lunga e costosa inchiesta giudiziaria della storia britannica. “Se i responsabili del massacro dell’estate 1971 fossero stati fermati subito, la domenica di sangue di Derry non avrebbe mai avuto luogo”, ci spiega il portavoce dei familiari delle vittime di Ballymurphy, John Teggart, il cui padre Daniel fu crivellato con quattordici colpi. “In entrambi i casi i soldati hanno mentito spudoratamente, affermando di aver aperto il fuoco solo per legittima difesa. Fu una terribile menzogna, perché sia mio padre che le altre vittime erano inermi e non costituivano alcuna minaccia per i militari. Vennero colpite quasi tutte alla schiena, mentre stavano fuggendo”. Ma a Ballymurphy, al contrario di Derry, non c’erano giornalisti e nessuna telecamera o macchina fotografica ha potuto documentare il massacro.
All’epoca l’eccidio fu insabbiato da una rapida inchiesta interna che riuscì a relegarlo nel dimenticatoio descrivendo le vittime come membri dell’IRA. Per decenni nessun militare è stato chiamato a risponderne semplicemente perché quella strage fu rimossa da quasi tutti. Soltanto la memoria ostinata dei sopravvissuti e dei familiari ha impedito che scendesse per sempre l’oblio su uno dei più gravi e sconosciuti massacri di civili compiuti dall’esercito britannico in Irlanda del Nord. Nel 2011 Clarke, Teggart e gli altri sono riusciti finalmente a far avviare un’inchiesta coordinata dal procuratore generale dell’Irlanda del Nord. “Abbiamo dovuto attendere sette anni solo per vedere iniziare le udienze, che sono cominciate alla fine del 2018”, denuncia Teggart. “Ma noi non abbiamo mai smesso di credere nella giustizia, sebbene i militari abbiano fatto di tutto per nascondere le prove e per ostacolare l’inchiesta”. Ci sono volute centinaia di testimonianze e prove balistiche per dimostrare senza alcuna ombra di dubbio che la versione dell’esercito era palesemente falsa. Durante le deposizioni in tribunale, uno dei soldati presenti sulla scena del massacro è scoppiato in lacrime e ha ammesso che alcuni suoi compagni avevano letteralmente perso la testa, agendo da psicopatici. La verità giudiziaria è emersa in modo inequivocabile nel maggio scorso, quando un giudice britannico, Siobhan Keegan, ha dichiarato che i militari fecero un uso sproporzionato e immotivato della forza e ha finalmente scagionato le vittime, finora segnate anche dal marchio infamante del terrorismo. Il primo ministro britannico Boris Johnson è stato costretto a un mea culpa in Parlamento proprio come fece David Cameron nel 2010, dopo la conclusione dell’inchiesta sulla “Bloody Sunday” di Derry. Ma Teggart non ci sta: “è chiaro che nessuna richiesta di perdono potrà mai attenuare il nostro dolore ma in questo caso respingiamo con forza anche le scuse di Johnson perché non sono sincere”, ci spiega. Il riferimento è alla legge di amnistia che il governo britannico ha annunciato di voler presentare in autunno per bloccare ogni nuova indagine, civile o penale, sui crimini di guerra perpetrati in Irlanda del Nord. “L’approvazione di quella legge darebbe un colpo di spugna al passato concedendo l’immunità ai soldati che si sono resi colpevoli di gravi crimini. Tradirebbe sia la giustizia che la memoria delle vittime”.
Torino, 9 agosto 2021
geowrit46@tiscali.it
Riccardo Michelucci,
“Il Venerdi di Repubblica”.
Gentile Signore Michelucci,
Come un pensionato inglese che ha fatto il sessantotto, allego
una traduzione del suo articolo dal “Venerdi di Repubblica” sul
massacro di Ballymurphy. Devo darle i miei ringraziamenti per
quest’articolo, perché confesso che non ho mai capito che c’era un
altro massacro primo di Bloody Sunday, sebbene fosse stato arrestato
io stesso nel 1969 per avere participato ad una occupazione
dell’ufficio di Aer Lingus nel centro di Birmingham, in solidarietà con i
prigioneri irlandesi dal “internment”. Piu tardi nel 1984, sono andato a
Belfast per una settimana con una delegazione di sindacalisti, quando
eravamo ospitati in una zona cattolica. Con mia grande sopresa, ero
cosi felice che non volevo ritornare!
A quello tempo abitavo a Birmingham, dove ho studiato la filosofia e
le scienze politiche all’università dal 1964-69. La nonna della mia
madre si è addestrata come ostetrica a Dublino nell’ottocento. Sono
orgoglioso di questa discendenza, perciò dopo che è morto mio padre
nel 1965, ho traslocato la mamma in Sparkhill – una zona irlandese in
Birmingham.
Sono fuggito in Italia dal Thatcherismo nel 1989, e niente è
successo dopo per farmi pensare due volte. Con la sua mea colpa, ed il
suo tentativo di introdurre “ l’omertà giuidiziale” sull’Irlanda del nord
in settembre, Johnson si mostra tipicamente un bugiardo spudorato
ancora una volta – è quasi diventato il suo metodo più importante di
governare il nostro paese.
Per favore, se lei ha piacere che io traduca altri suoi articoli, me la
faccia sapere.
ogni bene a lei ed alla sua famiglia,
George Wright
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BALLYMURPHY, THE SLAUGHTER BEFORE BLOODY SUNDAY
Published on l 7 August 2021 by Riccardo Michelucci
“Il venerdì di Repubblica”, 6 August 2021
Bobby Clarke: “ Late one Monday evening in August, fifty years ago, the British soldiers that had been stationed for some time in our district opened fire on us without any warning.
I rushed into the park in front of our house to try to save a boy, but I was hit in the shoulders.
I fell to the ground and when I raised my eyes, I saw our priest, Father Hugh Mullan, coming to meet me, waving a white handkerchief.
He was just in time to give me the last rites before he was shot himself by a parachutist posted a short distance from us. He bled to death slowly, in agony. ”
Today, Bobby Clarke is 87 years old and still lives in the catholic enclave of Ballymurphy, in Belfast. For half a century he’s been compelled to relive in slow motion such scenes which led to the massacre. After Father Mullan, 19-year old Francis Quinn was killed with a shot in the back. He was also trying to help somebody wounded.
Then it was the turn of Joan Connolly, a 44 year old mother of nine children. The long trail of blood lasted thirty six hours between the 9th and the 11th of August 1971. During this time, after another seven civilians had been killed, an eleventh victim, Paddy McCarthy, died of a heart attack when a British soldier put a loaded pistol into his mouth and pretended to fire it……
Northern Ireland had been in the grip of chaos for two years, and the London government (led at the time by the Conservative Edward Heath) had decided to introduce internment without trial – a measure as extreme as it was counter-productive.
At dawn on 9 August, “Operation Demetrius” had begun – a gigantic manhunt in catholic areas by the army. Three hundred people were taken from their homes and arrested without a warrant. This was like pouring more petrol on the fire of the revolt, inciting the anger of the population and triggering unheard -of violence by the soldiers.
In that little district of Ballymurphy, a silent massacre took place almost invisibly – a long way from telecameras or indiscreet eyes. It was the First Battalion of English Parachutists that brought about this hell. Five months later, the same battalion was invited to the town of Derry, where it was held responsible for the infamous “Bloody Sunday” events of 30th January 1972 – another massacre of civilians.
This time it was recorded on film and in songs. Because of this too, it became the subject of the longest and most expensive judicial enquiry in British history.
“If those who had been responsible for the massacre in summer 1971 had been made accountable immediately, Bloody Sunday would never have happened in Derry “ explains John Teggart, spokesperson for the families of the Ballymurphy victims, whose own father Daniel was riddled with fourteen bullets.
“In both cases the soldiers lied shamelessly, affirming that they had only opened fire in legitimate defence.
This was a terrible lie, because my father and the other victims were unarmed, and could not have been any threat to the soldiers.
Nearly all of them were shot in the back while they were fleeing.”
But unlike the situation in Derry, there were no journalists, telecameras or photographers to document the massacre at Ballymurphy. So at the time, the incident was hushed up after a brief internal enquiry that managed to have the deaths excused by describing the victims as IRA members.
None of the soldiers were called upon to respond to questions for decades, simply because the massacre had now been forgotten by most people.
Only the obstinate memories of the survivors and their families, concerning one of the gravest and least known massacres of civilians committed by the British army in Northern Ireland prevented it from falling forever into oblivion.
IN THE PHOTO: BOBBY CLARKE TODAY
In 2011, Clarke, Teggart and the others finally managed to get an enquiry set up, coodinated by the Advocate General of Northern Ireland. “We then had to wait another seven years before the hearings began at the end of 2018”, Teggart complained,
“ But we’d never ceased to believe in justice despite the fact that the military did everything possible to hide the evidence, and to obstruct the enquiry” .
Hundreds of statements and ballistic proofs were required to demonstrate that the army’s version of the facts was clearly false. During the declarations in court, one of the soldiers present at the scene of the massacre broke down in tears and admitted that some of his companions had literally lost their heads, and acted like psychopaths.
Eventually the judicial truth emerged unequivocably last May, when a British judge, Siobhan Keegan, declared that the soldiers had been guilty of a disproportionate and unmotivated use of force, and finally acquitted the victims, who up until then, had been branded by the infamous label of terrorism.
The British prime minister Boris Johnson was compelled to make a mea culpa in Parliament, just as David Cameron had previously done in 2010, at the conclusion of the enquiry into the events of “Bloody Sunday” in Derry.
But Teggart is not impressed: “It’s clear that no request for pardon will ever lessen our grief. In any case, we totally reject Johnson’s apologies, because they aren’t sincere.”, he explained.
He’s referring to the amnesty laws which the British government has announced will be set before Parliament in autumn, in order to block any new enquiry, civil or penal, concerning war crimes perpetrated in Northern Ireland.
“Approval of that law would wipe the slate for events in the past, conceding immunity to any soldiers found guilty of committing grave crimes.
This would betray not only the memories of their victims but also justice itself ”.
Published by Riccardo Michelucci
PS – dové posso comprare questo libro a Torino?