Avvenire, 5 marzo 2021
“Ritiriamo il nostro appoggio all’accordo di pace del 1998”: l’annuncio dei paramilitari protestanti dell’Irlanda del Nord è clamoroso, anche se non del tutto inaspettato, e riporta indietro all’improvviso l’orologio della storia. Dopo settimane di tensione la protesta degli unionisti contro il protocollo sulla Brexit assume adesso la forma di una minaccia ben precisa: quella di far saltare il trattato che 23 anni fa mise fine a tre decenni di violenza nel Paese. È quanto emerge con chiarezza dalla lettera recapitata ieri al primo ministro britannico Boris Johnson dal Loyalist Community Council (LCC), l’organismo che rappresenta tutti i gruppi paramilitari unionisti protestanti. Sigle che risvegliano fantasmi rimossi da tempo e, al solo evocarle, fanno ripiombare l’Irlanda del Nord nel terrore: Ulster Volunteer Force, Ulster Defense Association, Red Hand Commando, responsabili di oltre un migliaio di morti nei lunghi anni del conflitto, gruppi che hanno completato la dismissione dei rispettivi arsenali soltanto nel 2009, ben quattro anni dopo i loro nemici dell’IRA. “Siamo preoccupati per l’interruzione degli scambi e del commercio tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito ma la nostra principale obiezione ha un carattere più generale”, sottolinea la lettera, spiegando che “il funzionamento del protocollo viola le salvaguardie stabilite dall’accordo del 1998”. Poi, in un passaggio dai toni apertamente intimidatori, si precisa che “per il momento il dissenso unionista dovrebbe esprimersi in forma pacifica e democratica”. Non si parla di un’eventuale interruzione del cessate il fuoco ma poco ci manca. Il messaggio è inequivocabile: la galassia unionista si sente tradita dal protocollo sulla Brexit non tanto per i suoi aspetti economici e burocratici ma perché istituendo un confine marittimo tra Londra e Belfast avvicina di fatto una possibile riunificazione con Dublino. Nei giorni scorsi, mentre il premio Nobel David Trimble – il leader unionista che sottoscrisse l’accordo del 1998 – denunciava gli effetti del protocollo sul processo di pace paventando un possibile ritorno alla violenza, il primo ministro Arlene Foster ha incontrato una delegazione degli stessi gruppi paramilitari lealisti per cercare di placare la loro rabbia. Promettendo di battersi in tutte le sedi politiche e giudiziarie per affossare il protocollo. Intanto gli addetti ai controlli doganali di Belfast e di altre località portuali sono oggetto di minacce da settimane e la polizia nordirlandese segnala una tensione crescente all’interno delle enclave unioniste. La lettera dei paramilitari unionisti, firmata dal presidente del LCC David Campbell, si conclude scaricando qualsiasi conseguenza spiacevole su Boris Johnson – “se l’accordo di pace risulterà compromesso in modo permanente sarà colpa tua o dell’UE” – e traccia anche un inquietante paragone con il passato. “L’ultima volta che la comunità unionista si presentò in un fronte così unito fu per contrastare l’accordo anglo-irlandese del 1985”, spiega la lettera. Il riferimento è all’intesa firmata da Margaret Thatcher e dal primo ministro irlandese dell’epoca, Garret FitzGerald. Anche allora gli unionisti accusarono Londra di averli traditi. E seguirono altri anni di guerra.