I Giusti di Cotignola

Avvenire, 3 marzo 2021

Oltre alla Nonantola di don Arrigo Beccari vi fu un altro comune italiano che durante la Seconda guerra mondiale si mobilitò per salvare gli ebrei dalla ferocia nazi-fascista. Forse meno noto ma ugualmente degno di essere ricordato come esempio di coraggio e resistenza alla barbarie. È Cotignola, piccolo centro della bassa Romagna in provincia di Ravenna, dove tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945 l’intera popolazione – circa seimila abitanti – fece di tutto per impedire la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. E ci riuscì. Tutti uniti in un’impresa eroica che salvò la vita a quarantuno persone sfollate da Bologna e da altre località italiane. Una straordinaria utopia resa possibile da una popolazione che sentì il dovere di agire seguendo la propria coscienza, anche a rischio della vita. Volti, mani e cuori come quelli di Vittorio e Serafina Zanzi, di Luigi e Anna Varoli, i cui nomi nel 2002 sono stati iscritti anche nel memoriale del Museo Yad Vashem di Gerusalemme, andando ad arricchire il già folto elenco di italiani riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”. In quegli anni Cotignola faceva parte della Repubblica di Salò ed era stata occupata dai nazisti ma Vittorio Zanzi, macellaio e poi commissario prefettizio, invece di collaborare con gli occupanti divenne un punto di riferimento imprescindibile del locale Comitato di Liberazione Nazionale. Sfruttando la sua posizione si occupò degli spostamenti degli ebrei nelle abitazioni del centro e delle campagne circostanti e riuscì a fornire documenti d’identità falsi ai perseguitati, facendoli stampare dagli impiegati dell’anagrafe. Alla rete clandestina di salvataggio contribuirono anche sua moglie Serafina, il pittore Luigi Varoli con la moglie Anna, l’arciprete Giovanni Argnani e altri sacerdoti della Curia locale. Prima cercarono in tutti i modi di disinnescare i drammatici effetti della legislazione razziale poi, negli ultimi anni della guerra, misero in salvo non solo gli sfollati ebrei ma anche militari italiani e stranieri, partigiani e intere famiglie di perseguitati a vario titolo dai nazifascisti. Al contrario di quanto avvenne in molti altri comuni della provincia di Ravenna, a Cotignola nessuno fu denunciato, né deportato o ucciso e alla fine tutti gli ebrei che avevano trovato rifugio e protezione in città e nei dintorni si salvarono, perché l’intera comunità locale scelse di stare dalla parte giusta. A rievocare questa piccola, grande storia di solidarietà, coraggio e resistenza contro la barbarie nazifascista è Cristina Tassi, originaria di Cotignola e studiosa della presenza ebraica in Emilia-Romagna. Il suo libro Quarantuno di noi. Storia e storie degli ebrei di Cotignola (Longo editore, pagg. 368, euro 20), che sarà presentato il 4 marzo […] ricostruisce la vicenda nel dettaglio ricordando anche altri episodi di eroismo che videro protagonisti gli abitanti, come l’operazione “Bandiera bianca” grazie alla quale nel 1945 il parroco don Stefano Casadio e il capo partigiano Leno riuscirono a fermare i bombardamenti sulla cittadina. Nella seconda parte del volume, grazie a materiale d’archivio e a testimonianze orali, Tassi contribuisce anche a sottrarre all’oblio la storia dei quarantuno “salvati”. Di ciascuno di essi racconta storie e percorsi differenti ma accomunati dal destino di sopravvissuti. La comunità di Cotignola, per il suo coraggio, è stata insignita della Medaglia d’argento al valore civile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *