Gli sport gaelici provano a unire Belfast

Venerdì di Repubblica, 8 gennaio 2020

Erano cinquant’anni che non si vedevano palloni da calcio gaelico e mazze da hurling a Belfast est. Più o meno da quando l’escalation di violenza che travolse l’Irlanda del Nord alla fine degli anni ‘60 non costrinse anche il St. Colmcille Gaelic Athletic Association a sciogliersi per sempre. La squadra intitolata a Columba di Iona, uno dei santi patroni dell’isola, promuoveva gli sport gaelici in uno spirito di fratellanza e inclusione ma avendo la sede e il campo da gioco nel cuore della roccaforte unionista protestante della città rappresentava un’anomalia insopportabile in tempi in cui a prevalere erano l’odio e l’intolleranza. Gli atti di intimidazione si susseguivano uno dopo l’altro, come in un vortice impazzito: prima le minacce, poi i pali delle porte del campo da gioco spezzati a colpi di motosega, infine la bomba molotov scagliata nell’abitazione di un giocatore, Charlie O’Donnell. L’ordigno uccise suo padre e suggellò il trionfo della violenza. Il club scomparve cancellando gli sport gaelici da Belfast est, una delle aree più difficili della capitale nordirlandese, ancora oggi segnata dalla disoccupazione e da gravi problemi sociali. Ma nel maggio scorso, complice il lockdown, è successo qualcosa di impensabile, almeno fino a qualche tempo fa. Due amici, Dave McGreevy e Richard Maguire, entrambi residenti nel quartiere e appassionati di sport gaelici, hanno avuto l’idea di lanciare un appello su Twitter agli sportivi di tutte le età. “Se vuoi giocare, allenare o gestire un club dedito alle discipline gaeliche fatti avanti. Nel nuovo East Belfast GAA saranno le benvenute persone di qualsiasi età, sesso e provenienza”. Fin da subito sono fioccate decine di richieste e adesioni a dimostrazione che l’iniziativa, nata quasi per caso, aveva davvero colto nel segno. “Nelle ore successive al tweet il mio telefono non ha mai smesso di squillare un attimo – racconta McGreevy – ma sapevamo bene che era necessario evitare con cura qualsiasi riferimento politico. Fondare un club interconfessionale e aperto a tutti in un’area della città dove gli sport gaelici attirano da sempre ostilità perché sono considerati vicini al movimento indipendentista, è un gesto che richiede grande attenzione e sensibilità”. Come colori sociali sono stati quindi adottati il nero e giallo – entrambi estranei alle tradizioni unioniste e repubblicane –, nel logo hanno messo le due gru dei cantieri navali Harland & Wolff (il simbolo della città di Belfast) sormontate dal trifoglio, il cardo e la tipica mano rossa dell’Ulster. Il motto – “insieme” – è riportato in tre lingue: inglese, gaelico e Ulster Scots, il dialetto scozzese caro agli unionisti della zona. In poco più di tre mesi l’East Belfast GAA ha raccolto oltre un migliaio di iscritti e in gran parte sono principianti assoluti. All’inizio dell’estate le squadre di calcio gaelico, di hurling e di camogie (una versione femminile dell’hurling) sono state iscritte ai campionati dilettantistici cittadini e sono arrivate le prime vittorie. Al momento il club non dispone ancora di strutture proprie, le squadre si allenano usando i terreni pubblici di Belfast est e disputano le partite nel terreno da gioco del seminario diocesano del quartiere, quello di Our Lady & St Patrick’s College at Knock. Ma non tutti i residenti del quartiere vedono l’iniziativa di buon occhio. Sui social network sono comparsi messaggi anonimi di protesta con offese e minacce. All’inizio di agosto c’è stato persino un falso allarme bomba. Qualcuno ha chiamato la polizia denunciando la presenza di un ordigno dentro a una macchina parcheggiata davanti al campo dove si stava allenando la prima squadra. Il gesto è stato condannato unanimemente dalle forze politiche ma non ha scomposto più di tanto gli sportivi. “A sorprenderci è piuttosto lo spirito di squadra e l’affiatamento che è nato in modo del tutto spontaneo tra i nostri iscritti”, spiega McGreevy. “Il cambiamento rappresenta sempre una sfida e ormai è tempo di mettere da parte tutti i pregiudizi del passato”.

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