La sentenza pronunciata martedì scorso dall’Alta Corte di Belfast è destinata a passare alla storia, e potrebbe costituire un precedente per decine di casi simili relativi agli anni del conflitto anglo-irlandese. Per la prima volta un tribunale britannico ha condannato il ministero della Difesa di Sua Maestà e la polizia dell’Irlanda del Nord a risarcire le vittime di una strage riconoscendo implicitamente la collusione tra le forze di sicurezza e i paramilitari lealisti protestanti. I giudici hanno fissato un risarcimento complessivo pari a un milione e mezzo di sterline per i sopravvissuti e i familiari delle vittime di uno dei più noti ed efferati massacri di quegli anni, quello in cui il 31 luglio 1975 persero la vita tre membri del gruppo musicale irlandese Miami Showband. I musicisti, di ritorno da un concerto nei pressi del confine tra la Repubblica e l’Irlanda del Nord, furono fermati a un posto di blocco in aperta campagna da un commando di paramilitari lealisti. La dinamica della strage che seguì è stata chiarita soltanto in anni recenti, in seguito alle conclusioni di un rapporto indipendente dal quale è emerso il coinvolgimento diretto di esponenti della polizia nordirlandese e di agenti dello stato britannico. Le indagini hanno dimostrato in modo inequivocabile i legami tra Robin Jackson detto “The Jackal” (lo sciacallo), un famigerato capo del gruppo paramilitare lealista Ulster Volunteer Force, la polizia dell’Irlanda del Nord e i servizi di sicurezza britannici. “Era chiaro da tempo che quanto accadde 46 anni fa non fu opera soltanto dei paramilitari ma venne pianificato dalla squadra politica della polizia e dai servizi segreti MI5 – ha commentato Stephen Travers, uno dei sopravvissuti a quella strage –. Con la nostra azione legale avremmo potuto ottenere molto di più ma abbiamo preferito patteggiare per non rischiare di vedere vanificato tutto dalla legge di amnistia che Londra vuole introdurre nei prossimi mesi”. La strage della Miami Showband rappresenta uno dei casi più paradigmatici della cosiddetta “guerra sporca”, che vide il coinvolgimento diretto delle forze di sicurezza britanniche in omicidi indiscriminati e operazioni sotto copertura contro civili irlandesi tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90. Nel 2012 toccò all’allora primo ministro inglese David Cameron denunciare l’esistenza di “un livello impressionante di collusione” tra lo stato britannico e i gruppi paramilitari lealisti dell’Irlanda del Nord. Una collusione dimostrata nel frattempo da altre inchieste, che finora non avevano mai però costretto Londra a versare risarcimenti alle vittime. La strada verso la verità e la giustizia su decine di casi irrisolti relativi al conflitto anglo-irlandese sembrerebbe finalmente in discesa, con numerosi altri procedimenti giudiziari in via di conclusione. Ma si tratta di una corsa contro il tempo, poiché anche per evitare di finire travolto dalle richieste di risarcimento, il governo di Londra è da tempo intenzionato a far passare una legge sull’amnistia che di fatto coprirebbe il ruolo di agenti dello stato britannico negli anni della “guerra sporca”. Inizialmente annunciata per l’autunno dal ministro per l’Irlanda del Nord Brandon Lewis, la nuova legislazione dovrebbe arrivare in aula già a gennaio. Una volta approvata dal parlamento di Westminster, tale legge concluderà infatti tutti i procedimenti giudiziari per i crimini commessi durante il conflitto e bloccherà ogni nuova indagine, civile o penale relativa a quel periodo, concedendo un’immunità indiscriminata e definitiva sia ai membri dell’esercito e della polizia che a quelli dei gruppi paramilitari. Dunque un vero e proprio colpo di spugna al passato per chiudere i conti con la storia dolorosa del conflitto in Irlanda del Nord e infatti la proposta di amnistia scontenta sia la comunità cattolico-nazionalista che quella unionista-protestante e ha già creato tensione anche con il governo di Dublino, perché violerebbe apertamente l’accordo internazionale raggiunto con Londra a Stormont House nel 2014, che chiedeva un approccio condiviso sul tema della memoria. Secondo l’ex Difensore civico della polizia dell’Irlanda del Nord, Nuala O’Loan, si tratta di “una legge inaccettabile, che rappresenta un chiaro tentativo di celare la verità”. Ma i familiari delle vittime non ci stanno e hanno già inoltrato ricorsi nel tentativo di bloccarla.