È morto l’ammiraglio argentino Emilio Eduardo Massera, il famigerato “comandante zero”, il militare pluriomicida che amministrava il terrore nel centro di tortura della Esma – la scuola di meccanica della Marina – di Buenos Aires. Fulminato da un ictus a 85 anni nell’ospedale della Marina di cui fu Capo di Stato Maggiore negli anni più bui della dittatura. Fu uno dei maggiori responsabili del golpe del 1976 e fece parte della prima giunta militare che governò il paese fino al 1981. Entrato nel 1942 alla scuola militare navale argentina, nel 1946 studiò negli Stati Uniti, dove entrò in contatto con Cia. Tornato in Argentina scalò le gerarchie militari, fino a quando nel 1974, dopo il pensionamento coatto di molti ufficiali attuato dal governo, venne nominato ammiraglio e capo di Stato Maggiore della Marina. Nel 1976 prese parte con i generali Jorge Rafael Videla, Leopoldo Galtieri e Orlando Ramon Agosti al colpo di stato che rovesciò Isabelita Peron. Fu tra i più crudeli repressori del dissenso nel paese, ritenuto uno dei responsabili della sparizione e morte di migliaia di militanti comunisti. Nel 1985 fu giudicato colpevole di violazione dei diritti umani, assassinio, tortura e privazione illegale della libertà. Fu condannato all’ergastolo e degradato con infamia dall’esercito. Nel 1990 un’amnistia del presidente Carlos Menem fece decadere la condanna e lo tirò fuori di prigione fino al 1998, quando fu accusato di crimini contro l’umanità per aver ordinato fucilazioni illegali, sparizioni, assassinii, torture, detenzioni illegali in campi di concentramento e sterminio, sequestri di minorenni e lanci di prigionieri vivi nell’oceano. I processi a suo carico sono stati ostacolati con ogni mezzo fino al 2004, quando fu colpito da un aneurisma cerebrale che impedì di fatto qualsiasi procedimento penale a suo carico. Era sotto processo in contumacia anche in Italia, accusato di concorso aggravato di crudeltà nell’omicidio di tre cittadini di origine italiana. Il suo nome figura anche nella lista degli appartenenti alla P2 di Licio Gelli.