Il venerdì di Repubblica, 4 febbraio 2022
da Belfast
Quello di Linda Ervine era un sogno talmente velleitario da sembrare quasi folle: trasformare la lingua irlandese in un ponte culturale facendola rivivere nel cuore della roccaforte unionista protestante di East Belfast. Un’utopia all’apparenza irrealizzabile, considerando che l’antico idioma dell’isola è un forte elemento identitario associato da sempre all’altra parte della barricata, ovvero agli indipendentisti cattolici che sognano la riunificazione dell’Irlanda. “All’inizio molti abitanti del quartiere mi presero per pazza, ho ricevuto offese, minacce e intimidazioni – ci racconta -. Persino alcuni amici smisero di rivolgermi la parola”. Ma niente avrebbe fermato questa donna gentile e determinata che in pochi anni è riuscita a rovesciare gli stereotipi e a far venir meno, poco alla volta, molti equivoci che ruotano attorno alla lingua irlandese. Fino a trasformarla in un’opportunità di riconciliazione tra due comunità divise da lungo tempo. Oggi il suono antico e gutturale del gaelico rimbomba forte nelle aule del suo centro culturale, il Turas (gaelico per “viaggio”), inaugurato in sordina nel 2012 ma ormai diventato un luogo d’eccellenza della lingua irlandese, che offre frequentatissimi corsi per studenti di ogni età e di tutti i livelli ma anche lezioni di danze irlandesi, di flauto e di altri strumenti tradizionali. Il sogno di Linda si è avverato all’interno dello Skainos Center, un moderno palazzo in vetro e acciaio di Newtownards Road, una lunga arteria stradale che attraversa il quartiere operaio degli ex cantieri navali Harland & Wolff. Proprio di fronte all’edificio, sulle pareti di molte case spiccano ancora i minacciosi murales risalenti agli anni del conflitto. Ritratti di uomini armati e incappucciati, sigle e stendardi di gruppi paramilitari che dovrebbero essere un ricordo del passato ma invece segnano ancora il territorio, mescolandosi ai negozi e alle botteghe. “È stata la comprensione distorta della nostra storia a portarci alla guerra – spiega Linda Ervine -. Quando, molti anni fa, ho iniziato a studiare la lingua irlandese non avevo ancora capito quanto fosse invece importante nella nostra vita quotidiana, indipendentemente dall’appartenenza confessionale e dalle opinioni politiche. Ritengo inaccettabile che qualcuno possa negarmi il diritto di parlare irlandese perché sono protestante, accusandomi di fare il gioco del ‘nemico’. La lingua fa parte di noi, è presente nei nostri toponimi, nei nostri cognomi e nel linguaggio che usiamo tutti i giorni”. Basti pensare a Shankill, il più noto ghetto unionista di Belfast, dove ebbero luogo sanguinosi scontri interetnici fin dall’Ottocento ma il cui nome deriva da due termini gaelici che significano “chiesa antica”.
Da quando il Paese è stato diviso nel 1921 la lingua irlandese, un tempo parlata da tutti gli abitanti dell’isola, è stata considerata patrimonio esclusivo degli indipendentisti cattolici e gli unionisti protestanti hanno rinnegato le loro radici linguistiche cancellandole del tutto dal sistema educativo. L’attuale dibattito sull’Irish Language Act, la legge che intende riconoscere l’irlandese come lingua ufficiale dell’Irlanda del Nord, è da tempo terreno di scontro tra i principali partiti. Ma nelle scuole elementari nordirlandesi sono già presenti oltre settemila alunni che parlano gaelico e moltissimi adulti hanno iniziato a studiarlo riscoprendo la lingua dei loro antenati. Ervine non nasconde che gli inizi siano stati assai difficili. L’apertura della sua scuola fece notizia, oltre a scatenare accese proteste nel quartiere, anche perché Linda è la cognata di David Ervine, un ex paramilitare unionista poi diventato un noto leader politico che ha sostenuto con convinzione il processo di pace. “Tanti ci hanno manifestato ostilità, anche con violente campagne d’odio sui social media. Ma la partecipazione ai corsi del Turas è aumentata anno dopo anno e adesso, nonostante la pandemia e la didattica on-line, la scuola ha circa cinquecento iscritti l’anno, in gran parte protestanti”. Linda Ervine è cresciuta nel quartiere, continua a dirsi fieramente unionista e filo-britannica, e di recente ha anche ricevuto un’onorificenza dalla regina Elisabetta per il suo impegno al servizio della comunità. Da queste parti, specie dopo la decisione del Regno Unito di abbandonare l’Unione Europea, quello dell’identità resta un tema da maneggiare con estrema cautela. Ma lei è talmente convinta di essere sulla strada giusta che nei mesi scorsi ha ideato anche Naíscoil na Seolta, la prima scuola materna integrata di lingua irlandese di East Belfast. In poco tempo ha reperito i finanziamenti pubblici per far partire il progetto e portare l’istruzione prescolare in gaelico anche ai bambini dai tre anni in su. In un primo momento l’asilo doveva essere allestito in una scuola elementare del quartiere ma alcuni abitanti non hanno gradito e sono comparse scritte e manifesti intimidatori contro di lei. A protestare erano in pochi ma per motivi di sicurezza è stato scelto uno spazio alternativo nei locali della chiesa evangelica, non distante dal Turas, e i posti disponibili sono stati occupati tutti fin da subito. Il ministro britannico per l’Irlanda del Nord, Conor Burns, ha annunciato che presto il parlamento di Westminster riprenderà l’iter di approvazione della legge per la tutela della lingua irlandese. “Molti protestanti la osteggiano perché hanno un’idea sbagliata della nostra lingua e continuano a vederla come una minaccia, sebbene in altre parti del Regno Unito, come Galles e Scozia, una legge simile sia in vigore da tempo”, conclude Ervine. “Ma io sono fermamente convinta che ci consentirà di riscoprire la nostra storia comune”.
RM
Ho scoperto il suo blog di recente, dopo avere acquistato il suo ultimo libro appena pubblicato. Nel 1994, dopo avere visto al cinema “Nel nome del padre” iniziai ad interessarmi alla questione nordirlandese. Allora studente invitati Orsola Casagrande a parlare dei Troubles e trovai in lei e in Silvia Calamati due brave giornaliste che raccontavano come nessun altro cosa accadeva nell’isola di smeraldo. Andai a Dublino e a Belfast più volte e da allora non ho mai smesso di leggere in tutte le lingue da me conosciute libri, reportage, articoli di giornale, impreziosendo giorno dopo giorno una raccolta di cui i suoi libri sono parte integrante e autorevole. Grazie per il suo contributo alla conoscenza di ciò di cui i mass media spesso trattano con una certa approssimazione.