Séamus Heaney lirico e “politico”

Avvenire, 30 luglio 2020

Dopo la lunga chiusura imposta dalla pandemia è stata finalmente riaperta al pubblico, nel centro di Dublino, la grande mostra dedicata alla vita e all’opera di Seamus Heaney ospitata negli spazi culturali della Bank of Ireland, di fronte al Trinity College. Fu Heaney in persona, alcuni mesi prima di morire, a consegnare alla National Library della capitale irlandese una dozzina di scatoloni contenenti centinaia di reperti cartacei, scritti, bozze di poesie, lettere e dattiloscritti. Materiale che, debitamente arricchito da alcuni oggetti personali del poeta, ha costituito l’embrione di “Listen Now Again”, la mostra curata da Geraldine Higgins che consente di rivisitare l’opera e l’eredità di uno dei più grandi poeti contemporanei. Nato da una famiglia cattolica in una fattoria dell’Irlanda del Nord, figlio di un commerciante di bestiame, Heaney ha saputo fondere magistralmente la povertà materiale e la ricchezza spirituale della campagna irlandese dov’era cresciuto con la sua cultura di fine conoscitore del latino, del gaelico, dell’antico anglosassone, di letterato che come pochi altri poteva confrontarsi con le opere di Virgilio, di Ovidio, di Sofocle. All’ingresso, una serie di colonne che ricordano i menhir dell’era neolitica ci introducono proprio alle sue radici rurali della contea di Derry e alla prima delle quattro sezioni della mostra, dedicata alle sue opere giovanili, con oggetti e foto che rimandano alla campagna che fece da sfondo alla sua giovinezza e al famoso cottage di Glanmore, nella contea di Wicklow, dove Heaney si ritirò nel 1972 dopo aver lasciato l’università di Belfast e l’Irlanda del Nord devastata dalla guerra. Quando decise di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, Glanmore divenne la sua “scuola campestre”, il principale luogo d’ispirazione delle sue liriche e molti oggetti rimandano proprio a quel periodo centrale della sua vita. Ma è nelle sezioni dedicate al processo creativo e alla coscienza artistica di Heaney che si trovano gli spunti più interessanti della mostra: i dattiloscritti con le correzioni di suo pugno, la scrivania personale – di cui colpisce la grande semplicità – nonché alcune lettere, come quella all’amico poeta Ted Hughes in cui confessa il suo imbarazzo per essere stato inserito in una raccolta poetica di autori britannici e medita di scrivere all’editore per riaffermare la sua irlandesità. Heaney visse in un’epoca di grande violenza e una parte significativa della mostra si concentra proprio sul suo ruolo di “poeta politico” e sul modo in cui si rapportò al conflitto in Irlanda del Nord. Una sezione conclusiva è dedicata infine alla prodigiosa opera matura e all’eredità di un poeta che ricevette il Nobel non solo per la bellezza delle sue liriche ma anche per la loro straordinaria profondità etica. Le sue ultime parole – “Noli timere” (latino per “non abbiate paura”) – scritte in un sms che inviò alla moglie pochi minuti prima di morire, sono state trasformate in un grande monito luminoso che accompagna il visitatore all’uscita.
RM

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