Ritrovate le ossa di Hugh “il rosso”? Dublino rivive la resistenza gaelica

Avvenire, 26 luglio 2020

“Tutta Valladolid sa dove seppellirono Hugh il rosso”, scrisse alcuni anni fa il poeta irlandese modernista Thomas McGreevy, e oggi i suoi versi suonano profetici, dopo la scoperta dei presunti resti del grande principe guerriero Hugh O’Donnell. Anche senza attendere conferme dalle analisi del Dna, gli archeologi spagnoli sono già sicuri di aver ritrovato nelle viscere del centro storico di Valladolid le ossa del nobile ribelle che alla fine del XVI secolo si batté contro gli inglesi nel tentativo di resistere alla conquista dell’Irlanda. Gli approfonditi scavi effettuati nei pressi delle fondamenta di una banca hanno riportato alla luce le mura perimetrali della cappella dell’antico monastero di San Francesco, risalente al XIII secolo. Al suo interno sono stati rinvenuti un teschio e i resti completi di uno scheletro. L’archeologo Oscar Buron, responsabile degli scavi, non ha alcun dubbio: appartengono a O’Donnell, che morì nel 1602 proprio in Spagna, dove si trovava per cercare di convincere il re cattolico Filippo III a inviare i suoi eserciti in Irlanda contro gli inglesi. Valladolid era all’epoca la capitale dell’“Impero sul quale non tramonta mai il sole” e ospitava la corte del sovrano spagnolo. Il principe O’Donnell, signore di Tyrconnell (l’attuale contea irlandese del Donegal), era stato costretto a scappare sul continente dopo la disfatta subita nella decisiva battaglia di Kinsale ma morì all’improvviso nel castello di Simancas, nei dintorni di Valladolid. Aveva appena 29 anni. Il suo corpo fu inumato con tutti gli onori nel monastero di San Francesco che sarebbe stato poi distrutto nel 1836, ai tempi delle confische dei beni ecclesiastici. Secondo le fonti più accreditate a ucciderlo sarebbe stata un’infezione da tenia ma le cause esatte della sua morte sono tuttora oggetto di discussione da parte degli storici. “La prova del Dna sui suoi resti sarà sicuramente in grado di confermare o di escludere una volta per tutte le teorie secondo le quali O’Donnell sarebbe stato in realtà avvelenato, poiché era una spina nel fianco per la Corona britannica, che era decisa a disfarsi di lui a ogni costo”, spiega Jane Ohlmeyer, docente di storia moderna al Trinity College di Dublino”.
In Irlanda, com’è facilmente prevedibile, una simile scoperta archeologica sta scuotendo il mondo della cultura. Da secoli “Hugh il rosso” è considerato il simbolo della resistenza gaelica contro gli inglesi. Nella famosa opera teatrale Making History rappresentata per la prima volta nel 1988, il drammaturgo irlandese Brian Friel lo ritrae come un guerriero caparbio e un appassionato difensore dei valori cattolici, della lingua e della cultura gaelica. Un’immagine ormai convalidata anche sul piano storiografico. Da giovane O’Donnell era stato incarcerato dagli inglesi nel castello di Dublino, dal quale nel 1592 si rese protagonista di una fuga rocambolesca in cui perse due dita dei piedi per assideramento. Insieme al conte di Tyrone, Hugh O’Neill, guidò poi la “guerra dei nove anni” (1593-1603) per difendere l’Ulster dagli inglesi e preservare l’indipendenza della provincia più gaelica di tutta l’Irlanda. La ribellione, fino ad allora relegata al nord, si diffuse in tutto il paese e ottenne alcune clamorose vittorie contro le forze di Elisabetta I, prima della definitiva sconfitta di Kinsale, che spianò la strada alla definitiva conquista inglese. Dopo aver guidato l’ultima strenua rivolta O’Donnell e O’Neill dovettero arrendersi e abbandonare il paese scegliendo l’esilio nell’Europa continentale. Quell’episodio – che segnò la fine dell’Irlanda gaelica – resta tra i più centrali ed enigmatici della storia irlandese moderna, tanto da ispirare molte leggende e opere letterarie. Restano incerte le reali motivazioni che spinsero i nobili irlandesi a lasciare l’Irlanda. Per alcuni si trattò di una fuga, secondo altri fu invece una ritirata funzionale a una nuova offensiva. Le scoperte archeologiche di questi giorni potrebbero contribuire a far luce sulla verità.
RM

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