Glasnevin: antologia irlandese

Reportage dal cimitero monumentale di Dublino, uscito oggi su Avvenire

La galleria fotografica

I fiori sulla tomba di Michael Collins li cambiano tutti i sabati mattina. Un gruppo di volontari, talvolta molto giovani, si presenta puntualmente ogni settimana e porta i mazzi freschi per onorare la memoria del grande patriota ucciso, come Gandhi, dalla sua stessa gente. Una croce di pietra alta cinque metri con un’iscrizione in gaelico ricorda colui che combatté gli inglesi nella guerra d’indipendenza conclusa novant’anni fa con la sua morte e con la nascita dello stato irlandese. Il monumento si trova a pochi passi dal cortile d’ingresso del cimitero di Glasnevin, alla periferia settentrionale di Dublino: cinquantadue ettari colmi di lapidi e di alberi secolari che raccontano gli ultimi due secoli di storia dell’Irlanda e che non potevano non riservare a Collins un posto di spicco tra i grandi della nazione. Nell’ultimo anno, grazie a un corposo piano di riqualificazione finanziato dallo Stato, Glasnevin è diventato un’attrazione per il turismo culturale che attrae decine di migliaia di visitatori. Un avveniristico edificio di tre piani costruito nel cortile d’ingresso ospita un museo che si è appena aggiudicato il primo premio al Museum and Heritage Awards for Excellence di Londra, battendo la concorrenza del Kennedy Space Center della Nasa e del museo di arte islamica del Cairo. Continua a leggere “Glasnevin: antologia irlandese”

De Valera non fu una spia degli inglesi

Dev-P-I2

Prima ancora di arrivare nelle librerie, la nuova biografia di Eamon De Valera è già stata rigettata, sconfessata, persino definita ‘farsesca’ dai più prestigiosi storici d’Irlanda. Secondo l’autore del volume (John J. Turi, un ufficiale di marina in pensione che vive nel New Jersey), il padre della moderna nazione irlandese, l’uomo che Winston Churchill considerava l’incarnazione del demonio, sarebbe stato addirittura una spia al soldo degli inglesi. Con queste premesse, quello che era stato presentato come il libro-scandalo, dalle rivelazioni scioccanti su una figura controversa e monumentale – anche a causa della sua longevità – rischia di rivelarsi poco più che carta straccia. Nelle sue 470 pagine England’s Greatest Spy: Eamon de Valera sostiene che “Dev” era letteralmente terrorizzato dall’idea di essere fucilato dopo la rivolta di Pasqua del 1916 e che si sarebbe venduto al nemico pur di salvarsi. Turi basa la sua tesi sull’analisi dei primi oscuri anni di un uomo destinato ad attraversare, nel bene o nel male, oltre mezzo secolo di storia irlandese, prima come rivoluzionario, poi da capo di governo, infine ricoprendo la carica di presidente della Repubblica. Passa in rassegna prima di tutto le radici misteriose del presidente a New York, la figura della madre e dello zio irlandese, che lo trattò freddamente per tutta la vita: rapporti difficili che sarebbero stati alla base di una personalità inadeguata e facilmente influenzabile. Da qui parte lo studioso di chiare origini italiane, che arriva a definire De Valera “un codardo e un incompetente mentalmente instabile”. Proprio la sua fragilità lo avrebbe reso una facile esca, contribuendo a farlo diventare un collaboratore dall’intelligence inglese. Continua a leggere “De Valera non fu una spia degli inglesi”