De Valera non fu una spia degli inglesi

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Prima ancora di arrivare nelle librerie, la nuova biografia di Eamon De Valera è già stata rigettata, sconfessata, persino definita ‘farsesca’ dai più prestigiosi storici d’Irlanda. Secondo l’autore del volume (John J. Turi, un ufficiale di marina in pensione che vive nel New Jersey), il padre della moderna nazione irlandese, l’uomo che Winston Churchill considerava l’incarnazione del demonio, sarebbe stato addirittura una spia al soldo degli inglesi. Con queste premesse, quello che era stato presentato come il libro-scandalo, dalle rivelazioni scioccanti su una figura controversa e monumentale – anche a causa della sua longevità – rischia di rivelarsi poco più che carta straccia. Nelle sue 470 pagine England’s Greatest Spy: Eamon de Valera sostiene che “Dev” era letteralmente terrorizzato dall’idea di essere fucilato dopo la rivolta di Pasqua del 1916 e che si sarebbe venduto al nemico pur di salvarsi. Turi basa la sua tesi sull’analisi dei primi oscuri anni di un uomo destinato ad attraversare, nel bene o nel male, oltre mezzo secolo di storia irlandese, prima come rivoluzionario, poi da capo di governo, infine ricoprendo la carica di presidente della Repubblica. Passa in rassegna prima di tutto le radici misteriose del presidente a New York, la figura della madre e dello zio irlandese, che lo trattò freddamente per tutta la vita: rapporti difficili che sarebbero stati alla base di una personalità inadeguata e facilmente influenzabile. Da qui parte lo studioso di chiare origini italiane, che arriva a definire De Valera “un codardo e un incompetente mentalmente instabile”. Proprio la sua fragilità lo avrebbe reso una facile esca, contribuendo a farlo diventare un collaboratore dall’intelligence inglese. Forte di tale “rivelazione” – peraltro non suffragata da alcuna documentazione d’archivio sinora inedita – il libro di Turi si conclude con un invito a un processo postumo per tradimento e cospirazione nei confronti di De Valera. Insomma c’era spazio a sufficienza per innescare una polemica velenosa alla quale i principali storici irlandesi – di solito tutt’altro che teneri nei suoi confronti – non si sono sottratti. Il primo è stato Tim Pat Coogan, autore della memoriabile biografia “DeValera. Long Fellow, Long Shadow” (dai più considerata una sorta di opera “definitiva”, tutt’altro che acritica nei confronti del grande leader ispano-irlandese): il grande storico ha definito ‘farsesca’ la tesi di Turi, mostrandosi oltremodo allarmato per le numerose citazioni della sua opera contenute nel libro. Anche T. Ryle Dwyer, autore di cinque volumi su De Valera, nega di aver mai riscontrato elementi riconducibili a un possibile tradimento. “Affermare che abbia passato informazioni agli inglesi solo sulla base dei suoi problemi familiari è semplicemente assurdo”, ha aggiunto. C’è andato giù durissimo anche Tom Garvin, docente all’University College di Dublino, sostenendo che si tratta di un libro “pieno di sciocchezze” che offre una versione distorta della recente storia irlandese. “Quella del tradimento è una teoria ridicola”, ha commentato infine, lapidario, il ministro Eamon O’Cuiv, nipote di De Valera. Stacey International, un editore di Londra specializzato in politica e storia, manderà il volume nelle librerie irlandesi e britanniche alla fine di novembre. L’anno prossimo è prevista l’uscita anche negli Stati Uniti.
RM

irishrep

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