La stretta di mano che darà ragione agli irlandesi

Cosa c’è di sorprendente nella visita della regina Elisabetta in Irlanda del Nord? Da giorni sia la stampa inglese che quella irlandese si stanno scatenando in un profluvio di commenti e titoli a nove colonne con i consueti aggettivi roboanti (‘storico’, ‘eccezionale’, ‘incredibile’ e via enfatizzando) per annunciare la stretta di mano in mondovisione che ci sarà domani con il vicepremier nordirlandese Martin McGuinness, già Capo di Stato Maggiore dell’I.R.A. negli anni cruciali del conflitto. Se è vero che la politica e la storia sono fatte anche di momenti simbolici, di certo è stata molto più ‘storica’ la visita dell’ottuagenaria sovrana al Giardino della Memoria dei martiri dell’indipendenza irlandese, l’anno scorso. In un grigio pomeriggio dublinese depose una corona di fiori e chinò il capo di fronte al monumento che commemora i caduti feniani. Fu, quello, uno straordinario atto di legittimazione della lotta per la liberazione dell’Irlanda. Non può sorprendere neanche che il rappresentante di maggior spicco di quello che un tempo era il partito repubblicano, indipendentista e antibritannico per antonomasia – adesso divenuto ministro – accetti di stringere la mano alla regina, semplicemente perché per i ministri britannici incontrare la regina e stringerle la mano è una cosa normale.
Non pochi repubblicani irlandesi stanno esprimendo da giorni tutto il loro sdegno per quello che considerano un ulteriore affronto arrecato alla memoria dei caduti per la causa di un’Irlanda unita e liberata dal giogo britannico. Istintivamente è assai difficile dar loro torto, anche se lo stesso McGuinness ha fatto di recente qualcosa di assai peggiore, quando definì ‘traditori’ i repubblicani dissidenti che continuano a chiedere le stesse cose che chiedeva lui – armi in pugno – fino a una quindicina d’anni fa. L’esponente del Sinn Féin cercherà di recuperare il terreno perduto l’anno scorso, quando il suo partito si tenne in disparte durante la visita di stato della regina a Dublino e suggellerà definitivamente la ritirata da quegli ideali che non molto tempo fa spinsero centinaia di uomini e donne a combattere e morire nelle strade e nelle carceri. Non sarebbe stato così se l’ex combattente McGuinness avesse incontrato il capo di Stato nemico dopo aver ottenuto l’indipendenza, non in qualità di funzionario di un ingranaggio postcoloniale che per anni ha cercato di distruggere in ogni modo. La ricerca e il mantenimento del potere, diceva Machiavelli, non possono dipendere da questioni morali e McGuinness pare averlo capito molto bene. Ma se ci si sforza di osservare l’incontro da un’altra prospettiva, l’unico fatto realmente straordinario è che la regina d’Inghilterra abbia accettato d’incontrare l’uomo che, da capo di Stato Maggiore dell’I.R.A., nel 1979 dette l’ordine di far esplodere l’ordigno che uccise il suo amatissimo cugino, il viceré dell’India Lord Louis Mountbatten e un gruppo di altri suoi familiari. L’uomo che negli anni ’80 ha orchestrato tutte le principali azioni dell’esercito repubblicano irlandese, mettendo a segno clamorosi attentati sia in Irlanda del Nord che sul suolo inglese. Quando se lo troverà di fronte non serviranno le parole. Stringendogli la mano, l’ultimo simbolo vivente del colonialismo inglese legittimerà ancora una volta le ragioni degli irlandesi nella loro plurisecolare lotta per la libertà.
RM