Avvenire, 8 maggio 2019
Diceva Primo Levi che “se Auschwitz sarà svuotato di un contenuto politico non riuscirà a spiegare niente alle nuove generazioni e diventerà un luogo tragicamente inutile”. I timori del grande scrittore torinese rischiarono di avverarsi alcuni anni fa quando il Blocco 21, il padiglione italiano dell’ex campo di sterminio nazista, fu sfrattato tra le polemiche al termine di un processo di ripensamento storiografico iniziato nei primi anni ‘90. Nel 2012 la direzione del museo, sostenuta dal governo di Varsavia, stabilì unilateralmente che il memoriale italiano aperto ad Auschwitz nel 1980 aveva fatto ormai il suo tempo e il progetto architettonico ideato da Ludovico Belgiojoso era diventato “fine a sé stesso e privo di valore educativo”. Si era fatta strada l’idea che il trascorrere del tempo avesse ormai reso inopportuno ricordare in quella sede lo sterminio dei prigionieri politici comunisti, degli omosessuali, dei rom e dei disabili. La direzione del museo la fece quindi rimuovere, minacciandone persino la distruzione, e chiese che al suo posto venisse realizzato un nuovo memoriale. Ma l’Aned, l’associazione degli ex deportati nei campi nazisti – proprietaria dell’opera – non si rassegnò all’idea di perdere un patrimonio culturale che appartiene a tutta la nazione, mobilitò il mondo artistico e accademico e riuscì infine a individuare a Firenze una nuova collocazione per l’opera. Dopo un lungo percorso burocratico culminato in oltre tre anni di restauri da parte dell’Opificio delle pietre dure, il memoriale italiano di Auschwitz inizia oggi la sua seconda vita a oltre un migliaio di chilometri dal luogo per il quale era stato inizialmente progettato. L’opera realizzata alla fine degli anni ‘70 dal gruppo di lavoro nel quale, oltre a Belgiojoso, spiccavano anche Primo Levi, Nelo Risi, Mario Samonà e Luigi Nono torna oggi a essere visitabile in una nuova suggestiva collocazione alla periferia di Firenze: lo spazio Ex3, un piccolo centro per l’arte contemporanea inutilizzato da anni, che la Regione Toscana e il Comune di Firenze hanno deciso di trasformare in un polo della memoria e in un museo diffuso sulla deportazione. Nella nuova casa fiorentina del memoriale di Auschwitz è dunque possibile incamminarsi ancora una volta nel tunnel affrescato che conduce al Blocco 21. Al suo interno è stato riproposto fedelmente il progetto architettonico originario, pensato come un’enorme spirale ad elica che aveva l’obiettivo di ricreare l’atmosfera da incubo vissuta nei campi. Uno spazio ossessivo e opprimente, dove il visitatore si incammina lungo una passerella in traversine di legno che evocano quelle ferroviarie, ascoltando una voce narrante che legge un testo di Primo Levi, “fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte”. E ancora: “Da qualunque paese tu provenga, tu non sei un estraneo”. Il percorso è accompagnato dalle note di Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, composte per l’occasione da Luigi Nono. Il tutto con la regia di Nelo Risi. Le pareti dell’installazione sono rivestite da un affresco suddiviso in ventitré pannelli realizzato dal pittore Mario Samonà che racconta il fascismo e il nazismo, la Resistenza e la deportazione. I colori, ripetuti non casualmente, sono il nero del fascismo, il bianco che allude al movimento cattolico, il rosso del socialismo e il giallo che riconduce al mondo ebraico. Per mesi i restauratori hanno lavorato attorno alle tele della spirale dando nuova luce agli occhi e al volto di Antonio Gramsci raffigurati da Samonà. Con i suoi oltre cinquecento metri quadrati, ha spiegato il direttore dell’Opificio delle pietre dure, Marco Ciatti, l’opera rappresenta il più grande restauro di arte contemporanea mai realizzato.
Quando il memoriale fu inaugurato ad Auschwitz nel 1980, Primo Levi e Gianfranco Maris, all’epoca presidente dell’Aned, scrissero che l’installazione voleva essere “un luogo dove la fantasia e i sentimenti potranno evocare, molto più delle immagini e dei testi, l’atmosfera di una grande indimenticabile tragedia”. E anche oggi, nella sua nuova collocazione, è impossibile uscire immuni dal tunnel che per anni ha accolto i visitatori del campo di sterminio nazista in Polonia. Per l’inaugurazione ufficiale è stata scelta la giornata dell’8 maggio, data convenzionale della fine della Seconda guerra mondiale. L’adeguamento degli spazi e i lavori di restauro dell’opera sono costati complessivamente oltre tre milioni di euro finanziati interamente dalle istituzioni toscane e da enti privati. “L’operazione compiuta sul Memoriale, considerate non solo le grandi dimensioni ma anche le sue caratteristiche multimediali intrinseche, rappresenta un caso eccezionale di restauro di un’opera contemporanea”, ha commentato il presidente dell’Aned, Dario Venegoni. Un’intera ala al piano terreno dell’edificio sarà inoltre occupata dalla mostra Un filo ininterrotto. La memoria della deportazione e il Memoriale di Auschwitz, curata dall’Aned e realizzata da Elisa Guida e Bruno Maida con l’allestimento di Alberico Belgiojoso. L’iniziativa ha ottenuto il patrocinio dell’Unione delle Comunità ebraiche. Quella del Blocco 21 di Auschwitz è una storia di caparbietà e tenacia, che ha visto i figli dei deportati italiani salvare dall’oblio un pezzo della nostra memoria più tragica e dolorosa, convincere i ministri e le istituzioni locali, reperire i finanziatori e vincere le burocrazie. Riuscendo infine a riportare il Memoriale a casa.
RM