La Corona, il trifoglio e il “secolo breve”

Martedì prossimo, 17 maggio, un monarca britannico tornerà in visita ufficiale in Irlanda dopo cento anni esatti. Era il 1911 quando re Giorgio V, nonno dell’attuale regina Elisabetta II, sbarcò a Dún Laoghaire, la cittadina a pochi chilometri da Dublino che all’epoca si chiamava Kingstown, accompagnato da una flotta di incrociatori e navi da guerra. Gli irlandesi lo accolsero calorosamente perché videro in lui il re che avrebbe sbloccato una volta per tutte lo stallo della Home Rule, la legge sull’autogoverno di cui si discuteva da oltre un decennio. Ma il progetto che doveva suggellare la riconciliazione tra i nazionalisti irlandesi e l’Impero britannico si arenò definitivamente, di lì a poco, e fu cancellato per sempre dall’agenda politica con lo scoppio della Prima guerra mondiale. In appena un lustro – tra il 1916 e il 1921 – l’Irlanda fu sconvolta da un’insurrezione repressa nel sangue, da una guerra d’indipendenza e infine dalla tragica divisione del paese che è durata fino ai giorni nostri. Per ottenere l’autogoverno di una parte dell’isola, gli irlandesi furono poi costretti con la forza ad accettare un giuramento di fedeltà al monarca britannico che li divise al punto da portarli alla guerra civile. In tempi più recenti, il “secolo breve” dei rapporti tra Inghilterra e Irlanda doveva poi conoscere circa tre decenni di guerra a bassa intensità nello staterello artificiale chiamato Irlanda del Nord, con qualche sporadico ma sanguinoso ‘sconfinamento’ nella Repubblica. Non è dunque esagerato definire ‘storica’ la visita di Stato che la regina Elisabetta II farà la prossima settimana, e non solo perché l’ultima volta risale a cento anni fa, quando l’Irlanda (ancora unita) non era ancora una repubblica, ma una colonia britannica, di fatto e di diritto.
La sovrana si recherà infatti a visitare alcuni tra i più significativi e simbolici luoghi della memoria irlandese. Martedì sarà al Garden of Remembrance, il grande giardino nel cuore della capitale che commemora i martiri per la libertà dell’Irlanda, dove il programma prevede una deposizione di fiori davanti al monumento ai caduti. Le forze di sicurezza, l’esercito e i servizi segreti sono allertati da tempo per una visita che è nel complesso considerata ad alto rischio. I repubblicani del Sinn Féin hanno espresso una posizione critica ma hanno detto che si terranno fuori da ogni protesta o contestazione, mentre i gruppi più radicali hanno in programma manifestazioni di dissenso anche plateali. I socialisti rivoluzionari di Éirígí hanno indetto un presidio permanente 24 ore su 24 proprio al Garden of Remembrance per opporsi alla visita e per impedire alla regina di deporre le corone di fiori di fronte al monumento. Il suo portavoce, Brian Leeson, ha spiegato che “coloro che intendono portare qui la regina vogliono usare cinicamente la memoria della lotta per la libertà e tradire i sogni di quegli uomini e quelle donne che sono morti per quegli stessi sogni, che contemplavano un’Irlanda unita e libera dal giogo inglese. Invece cinquemila soldati inglesi sono rimasti sul suolo irlandese ad appena un’ora da Dublino”. Il giorno dopo, mercoledì 18, Elisabetta sarà al memoriale di guerra che ricorda gli oltre 49000 soldati caduti durante la Prima guerra mondiale, quando gli irlandesi venivano mandati al macello nelle trincee con indosso le divise dell’esercito di Sua Maestà. Altro momento assai controverso della sua visita sarà la tappa a Croke park: l’antico tempio del football gaelico è diventato uno degli stadi più grandi e moderni d’Europa, ma le sue vecchie mura trasudano ancora la memoria della strage compiuta qui dalle truppe britanniche durante una partita. Una domenica di fine novembre del 1920 – negli anni più caldi del conflitto che precedette la divisione –  i carri armati inglesi entrarono in campo e aprirono il fuoco sulla folla, uccidendo quattordici persone tra cui il capitano della squadra del Tipperary. E ad aumentare ulteriormente la portata simbolica della visita della regina, il 17 maggio cade anche il 37° anniversario della strage del “venerdì nero” del 1974, quando quattro autobombe esplosero senza avvertimento nel centro di Dublino e nella cittadina di Monaghan, uccidendo 34 persone. Fu l’attentato più grave degli ultimi trent’anni di conflitto (i cosiddetti Troubles) e in anni recenti le inchieste hanno accertato la responsabilità dei servizi segreti britannici, dunque del governo di Londra. Tre anni fa il parlamento di Dublino approvò all’unanimità una mozione che chiedeva al governo britannico di collaborare alle indagini consentendo l’accesso ai documenti d’archivio relativi alla strage, ma finora l’appello è rimasto inascoltato. Il gruppo che raduna i familiari delle vittime si è detto fiducioso che la visita della regina potrà finalmente sbloccare la situazione. Solo se il tempo darà loro ragione, potremo dire che la visita della regina – la stessa regina che ha decorato i soldati che massacrarono i civili a Derry nella “domenica di sangue” del 1972 –  non sarà stata solo un’inopportuna e costosa passerella.
Riccardo Michelucci