Avvenire, 21.6.2016
Roddy Doyle è un grande scrittore ma ha qualche problema con le interviste. Nel 2004, in occasione del centenario del Bloomsday, sentenziò che l’Ulisse di Joyce era un libro prolisso e sopravvalutato, poi rivelò di aver letto soltanto tre pagine di Finnegans Wake, definendola una terribile perdita di tempo. Stavolta si è spinto ben oltre un giudizio letterario più o meno opinabile, pronunciando parole scellerate in un’intervista uscita sabato scorso su Tuttolibri de La Stampa. Da molti considerato il più grande scrittore irlandese contemporaneo, Doyle ha dimostrato di avere una memoria insolitamente corta. Non si spiega altrimenti quanto ha dichiarato a Elisabetta Pagani in occasione dell’uscita in Italia del suo nuovo romanzo. “Vorrei morire guardando una partita di calcio”, ha dichiarato l’autore di romanzi best-seller come The Commitments, Paddy Clarke ah ah ah! e Una stella di nome Henry. La partita Italia-Irlanda che si giocherà mercoledì per i campionati europei di calcio non può non far tornare alla memoria quello che accadde il 18 giugno 1994 a Loughinisland, piccola località a soli 150 chilometri da Dublino. Quel giorno sei cattolici irlandesi – Adrian Rogan, Patrick O’Hare, Eamon Byrne, Malcolm Jenkinson, Daniel McCreanor e Barney Green – morirono in un pub proprio guardando una partita di calcio: era Italia-Irlanda dei mondiali del 1994. Prima che l’arbitro fischiasse la fine, un commando di paramilitari del gruppo unionista protestante UVF irruppe nel locale e aprì il fuoco a sangue freddo, uccidendo sul colpo i sei malcapitati e ferendo gravemente altre cinque persone.
Erano gli ultimi, cruciali mesi del conflitto in Irlanda del Nord. Impossibile che Doyle non ricordi quei fatti, che all’epoca suscitarono un’enorme ondata di commozione con messaggi di cordoglio provenienti da tutto il mondo, anche da papa Wojtyla. Ed è ancora più impensabile che non abbia letto i giornali del suo paese, che appena una settimana fa hanno dato grande risalto alla notizia della pubblicazione del rapporto del Difensore civico della polizia sulla strage di Loughinisland. Le indagini dell’Ombudsman Michael Maguire hanno confermato quello che i familiari delle vittime ripetevano da tempo, cioè che fu l’ennesimo caso di collusione tra i paramilitari protestanti e le forze dell’ordine nordirlandesi, che insabbiarono le indagini anche per proteggere un loro informatore. Diceva Sepùlveda che ‘un popolo senza memoria è un popolo senza futuro’. Chissà se vale anche per gli scrittori.
RM