Videla finalmente in carcere a vita

E’ stata una giustizia lenta, irta di ostacoli ma implacabile, quella che ha stabilito infine la condanna all’ergastolo per il genocida argentino Jorge Rafael Videla. L’ex dittatore ormai 85enne – uno dei massimi esponenti del regime militare sanguinario che tra il 1976 e il 1983 ha causato la morte di decine di migliaia di persone – era già stato condannato al carcere a vita nel 1985 per alcuni crimini commessi sotto la dittatura. Appena cinque anni dopo era però tornato in libertà in seguito all’indulto decretato dall’allora presidente Carlos Menem, un beneficio decaduto e dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema nel 2005. In seguito gli fu poi revocata la grazia, perché un giudice stabilì che il rapimento di bambini nati da prigionieri politici rappresenta un crimine contro l’umanità e non è pertanto prescrivibile. Il processo concluso due giorni fa al tribunale di Cordoba è il primo concluso contro l’ex dittatore dall’epoca della grazia concessa da Menem.


Quello che all’apparenza sembra un tranquillo pensionato, magari un nonno affettuoso, è in realtà un feroce criminale che continua ancora oggi a giustificare la brutalità degli anni della dittatura, e a definirla una “guerra giusta”. “Nel 1975 – ha affermato durante il processo – il paese era immerso nel caos creato da una cospirazione internazionale contro la democrazia. Verso coloro che pretendevano di imporre una tirannia, era necessaria una persecuzione come nei confronti dei ratti, poiché non meritavano di vivere su questo suolo. Non si è trattato di una guerra sporca, ma di una guerra giusta combattuta contro i sovversivi marxisti che, per ordine dell’Unione Sovietica, e di Cuba, la sua succursale latinoamericana, volevano sottoporre il Paese al loro sistema ideologico”. Secondo le organizzazioni umanitarie, 30mila persone furono sequestrate e torturate durante la dittatura, iniziata con il colpo di stato del 24 marzo 1976. Videla è stato indicato dai giudici come il principale architetto di ciò che accadde in quegli anni. Finirà quel che gli resta da vivere in un carcere civile di massima sicurezza.
RM

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