Graziato il martire di Maumtrasna, vittima di razzismo

Venerdì di Repubblica, 4.5.2018

Ci sono voluti 135 anni e un’approfondita ricerca storica per chiudere definitivamente uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia britannica recente. Nel 1882 il sessantenne Maolra Seoighe conosceva soltanto la sua lingua natale, il gaelico irlandese, quando fu accusato ingiustamente di un brutale eccidio e condannato a morte dopo un processo che si svolse tutto in inglese, nel quale lui non riuscì neanche a comunicare con il suo avvocato. Morì da innocente quello stesso anno, impiccato nel carcere di Galway. Il 4 aprile scorso l’attuale presidente della Repubblica d’Irlanda Michael D. Higgins gli ha concesso la grazia postuma, affermando che la sua condanna fu un’ingiustizia dettata solo da motivazioni di tipo razziale. All’epoca l’Irlanda era ancora una colonia inglese e le autorità britanniche – ha spiegato lo stesso Higgins – non trattavano gli irlandesi alla stregua degli altri popoli civilizzati. I fatti si svolsero a Maumtrasna, un paesino del Connemara, all’estremità occidentale dell’Irlanda, dove il 17 agosto 1882 un’intera famiglia fu sterminata per vendetta dopo un furto di bestiame. Otto uomini della zona furono incriminati e processati per il massacro. Tre di questi (tra cui Seoighe) vennero condannati a morte, gli altri finirono invece all’ergastolo.

Maolra Seoighe (anglicizzato in Myles Joyce)

Alcuni anni più tardi si occupò del caso anche James Joyce, in uno degli articoli scritti in italiano per il quotidiano Il Piccolo della Sera, durante la sua permanenza a Trieste. L’autore di Ulysses ricostruì la cronaca del processo descrivendo l’aula del tribunale, sulla quale aleggiavano sentenze già scritte contro imputati che non potevano difendersi in alcun modo. “Maolra Seoighe gesticolava, facendo appello agli altri imputati, al cielo, e di fronte alle domande del giudice, si rimetteva a parlare, a protestare, a gridare, quasi fuori di sé dall’angoscia di non farsi capire, piangendo d’ira e di terrore”. Prima dell’esecuzione l’uomo era stato persino scagionato dagli altri due condannati all’impiccagione, che ammisero invece la loro colpevolezza. Ma neanche quello bastò per salvargli la vita. Un paio d’anni dopo, uno dei testimoni chiave dell’accusa confessò che la sua deposizione davanti al giudice era completamente falsa. Recenti ricerche storiche hanno poi rivelato che il pubblico ministero aveva distrutto prove fondamentali e soprattutto che Lord John Spencer, all’epoca rappresentante della Corona in Irlanda (nonché prozio degli attuali principi William e Harry), aveva ricompensato i testimoni con laute somme di denaro. L’equivalente, oggi, di circa 157mila euro a testa. La clemenza presidenziale è stata possibile anche grazie al lavoro di David Alton, un parlamentare britannico la cui madre era nativa di Maumtrasna. Dopo aver condotto una lunga campagna per la verità, Alton ha anche fatto notare che la lontana vicenda di Maolra Seoighe è drammaticamente speculare ad alcuni casi di giustizia discriminatoria anti-irlandese avvenuti durante il conflitto degli anni ‘70: quelli dei “Quattro di Guildford” e dei “Sei di Birmingham”, ingiustamente condannati all’ergastolo sulla base di prove false, la cui innocenza fu risconosciuta soltanto molti anni dopo.
RM