Angelo Vassallo, il sindaco pescatore

E’ passato un anno e i mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, non hanno ancora un nome. La sua morte ha commosso e unito l’Italia, facendo riscoprire il valore e lo spessore etico di certi amministratori che sono ancora capaci di dare lustro e dignità alla politica del nostro paese. Ci piace ricordarlo con la sua ultima intervista e con un articolo di Alain Faure, tratto da “Le Monde”.

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Il 6 settembre 2010 è stato assassinato il sindaco di Pollica, con sette pallottole alla testa e al cuore. Chi ha avuto modo di incontrarlo o di lavorare al suo fianco, in Campania, in Italia o nelle reti ambientaliste internazionali, è rimasto sconcertato, avvilito, stordito da questa tragedia. Angelo Vassallo sembrava toccato dalla grazia in tutte le azioni che intraprendeva. A vent’anni aveva guidato la protesta dei “piccoli” pescatori della sua città, a trenta aveva ridato vita al porto locale, a quaranta aveva rilanciato la filiera delle Olive nel Cilento, a cinquanta aveva creato in Campania il concetto di ecologia integrata e promosso grandi idee dal livello europeo e fino in Cina (il suo ultimo viaggio denominato cittaslow), idee che integrano urbanizzazione, tutela ambientale e sviluppo locale. La sua forza vitale è stata semplicemente meravigliosa, un percorso non convenzionale fatto da un uomo colmo di intelligenza, generosità e lungimiranza, ossessionato per il destino dei suoi concittadini più fragili e promotore della costruzione di una comunità maggiormente rispettosa dell’ambiente.
Due anni fa, nell’ambito di una ricerca sociologica sulle passioni politiche a Napoli e in Campania, ho avuto il privilegio di raccogliere la testimonianza di Angelo Vassallo sul significato che dava alla sua azione politica e sulle convinzioni che lo animavano. Ci ha accolto per una lunga intervista in un vecchio edificio, donato al comune da un cittadino e trasformato in Casa del Mare. Così ci ha condotto in giro per il paese, insistendo nel volerci assolutamente mostrare la sostanza del suo progetto sociale e territoriale. Dietro mia insistente richiesta – che gli imponeva di superare la sua naturale modestia – ci ha parlato delle sue prime emozioni in politica, del suo paese, dei suoi genitori, dei suoi amici, facendo riferimento alle profonde motivazioni che l’avevano spinto a dedicarsi all’impegno pubblico, in difesa di un progetto fortemente altruista e combattivo.
Ascoltandolo si aveva subito l’impressione di un messaggio forte, di un modo molto particolare di fare politica. Un messaggio che partiva dal concetto rivoluzionario (nel senso storico del termine) che il ruolo del politico consiste anzitutto nell’abbattere tenacemente i privilegi e gli ordini stabiliti. Questa sfida passava attraverso decisioni concrete, rafforzando i servizi pubblici comunali ed intercomunali al fine di ridurre diseguaglianze strutturatesi nel lungo corso delle storie individuali e di comunità. Il suo percorso professionale, dalla piccola barca paterna e fino alla moderna flotta di Pollica, aveva colpito direttamente il dominio atavico della proprietà terriera e dei poteri stabiliti, “l’abisso incolmabile che nella mia giovinezza separava i pescatori da chi aveva tutto: terreni, immobili, commerci, potere politico. Eletto sindaco (con sorpresa generale, visto che aveva preferito gli incontri pubblici al “porta a porta”), nominato Presidente intercomunale dai colleghi dei comuni limitrofi (di tutti gli schieramenti politici), eletto Consigliere Provinciale nelle file dei Verdi, il “piccolo sindaco ambientalista” aveva assunto responsabilità crescenti per ottemperare al proprio dovere di colmare questo abisso, o almeno di renderlo meno ineluttabile. Spiegava instancabilmente ai suoi interlocutori, ai suoi colleghi di partito e agli avversari, che i suoi progetti erano principalmente volti a restituire dignità agli umili, ai dominati, agli esclusi, ai senza voce. A tal fine, era straordinariamente ottimista rispetto alle reali possibilità delle autorità pubbliche, prima fra tutte il livello regionale, di stimolare orientamenti virtuosi in termini di solidarietà e sviluppo. Ciononostante, l’intervista si era conclusa con toni molto più pessimisti, dove emergevano le difficoltà del cambiamento delle mentalità, del peso delle tradizioni, del retaggio clientelare e classista che nulla fa muovere, e che relega la politica a una questione di scambi personali. Mille volte gli era stato offerto denaro, prestazioni o beni per convincerlo a far tacere anche temporaneamente la sua sensibilità da Robin Hood. Mille volte aveva risposto “no”, serenamente e indiscutibilmente, convinto che la sua condotta fosse giusta e necessaria. Prendeva garbatamente in giro la cecità dogmatica e a volte elitaria dei suoi compagni ambientalisti; era deluso dai compromessi bizantini dei suoi compagni socialisti e ex-comunisti; ammirava i sindaci dei piccoli comuni che lo sostenevano quotidianamente; disdegnava le campagne elettorali i cui programmi erano limitati a promesse individuali; credeva in politiche regionali ambiziose e centrate sull’istruzione e l’educazione civica. Nel suo primo mandato aveva assunto un segretario comunale umanista e atipico, e aveva difeso i valori dell’attivismo sociale. Questa collaborazione aveva consolidato le sue convinzioni per cui la politica fosse capace di rendere i cittadini più grandi, consapevoli e fieri del loro appartenere alla comunità umana.
In termini di scienza politica, si può dire che la sua lotta era parte di una accresciuta sensibilità nel denunciare i pericoli che minacciano la coesione sociale, e non solo in Italia Meridionale: le diseguaglianze sociali, il “dio denaro”, le resistenze al cambiamento, gli squilibri ambientali, la segregazione spaziale, il nepotismo, l’isolazionismo, la criminalità organizzata. Assassinando Angelo Vassallo, la camorra non ha solo difeso gli interessi commerciali di piccoli o grandi affari criminali, legati al consumo di droga e alla speculazione edilizia. La camorra ha ucciso un profeta. Un profeta locale e globale. Un eletto del popolo che affrontava con acume visionario e coraggio eccezionale le disfunzioni più evidenti della società contemporanea.
(di Alain Faure, Le Monde)