Mezzo secolo di carcere per Videla

L’ex dittatore argentino ha ricevuto finalmente una sentenza di condanna esemplare per il rapimento dei figli dei desaparecidos durante la dittatura.

L’ex dittatore argentino Jorge Rafael Videla è stato condannato a 50 anni di carcere per il sequestro dei figli dei desaparecidos durante l’ultimo regime militare (1976-1983). Videla, 87 anni fra meno di un mese, già condannato all’ergastolo due anni fa, è detenuto nella prigione militare di Campo de Mayo alla periferia della capitale argentina.
Insieme a Videla sono stati condannati, per lo stesso reato, altri esponenti della giunta fra i quali il generale Reynaldo Brignone, ultimo capo del regime militare, a 15 anni; e Jorge Acosta, “el Tigre”, che diresse il campo di concentramento dell’Esma, la scuola tecnica della Marina, a 30 anni. La sentenza conclude una lunghissima battaglia giudiziaria iniziata sedici anni fa dall’associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, le nonne dei bambini rubati ai genitori assassinati e consegnati segretamente in affidamento a famiglie di militari. Condannando Videla al massimo della pena prevista, i giudici del Tribunale hanno riconosciuto la tesi sostenuta dalle “Abuelas” e cioè che nel corso della dittutura i militari misero in atto un programma sistematico di sequestro dei bambini. Continua a leggere “Mezzo secolo di carcere per Videla”

Inchiesta sui desaparecidos «Los ninos italiani»

(di Giovanni Maria Bellu, L’Unità)

La notizia è stata data il 21 marzo, a Milano, davanti a 150mila persone da un giovane uomo argentino, Manuel Goncalves: «In questa piazza potrebbe esserci qualcuno come me, qualcuno che potrebbe essere figlio di desaparecidos». In molti la intesero come una metafora, come un voler ricordare che i trentamila uomini e donne assassinati negli anni della dittatura militare argentina erano gente normale, per la maggior parte giovani che facevano politica alla luce del sole, proprio come quelli che affollavano la piazza per la manifestazione contro le mafie. Invece quella frase andava interpretata letteralmente. Manuel Gonzalves sapeva già quello che oggi l’Unità racconta: in Italia vivono dei giovani uomini e delle giovani donne nati in Argentina tra il 1976 e il 1982 che, dopo l’assassinio dei loro genitori, furono dati in adozione e che sono cresciuti senza sapere nulla. Quanti sono? Non esiste ancora una stima precisa. Ma di certo sono tre i casi attualmente all’esame della Commissione nazionale argentina per il diritto all’identità, l’organismo governativo (dipende dal Ministero della Giustizia) nato per sostenere la battaglia de las abuelas, le nonne, di Plaza de Majo. Continua a leggere “Inchiesta sui desaparecidos «Los ninos italiani»”

Una condanna storica per la “guerra sporca” in Argentina

L’ex generale Reynaldo Bignone, l’ultimo dittatore militare dell’Argentina, è stato riconosciuto colpevole di decine di casi di torture ed eliminazioni di oppositori durante il regime militare (1976-1983) e condannato a 25 anni di carcere da un tribunale di San Martin, nella provincia di Buenos Aires. Bignone oggi ha 82 anni ma la corte gli ha revocato gli arresti domiciliari ed ha disposto che sconti la sua pena in carcere. Per gli oltre 50 capi di imputazione relativi alle atrocità commesse tra il 1976 ed il 1978 nella tristemente famosa base militare di Campo de Mayo, all’estrema periferia della capitale, il maggior centro di torture e di eccidi del Paese durante la dittatura, con Bignone sono stati condannati a 25 anni anche gli ex generali Santiago Omar Riveros e Fernando Verplatsen. A Carlos Tepedino, Osvaldo Garcia e Eugenio Perello, gli altri imputati, sono stati inflitti 20, 18 e 17 anni rispettivamente. Bignone venne designato dopo il disastro della guerra per le Falkland-Malvine con la Gran Bretagna. Quando era al potere varò una legge che avrebbe dovuto impedire che i militari fossero giudicati per le loro azioni. Prima della sentenza, l’ex generale, come del resto hanno fatto altri suoi colleghi processati, ha ribadito che «nessuno può dubitare che in quel periodo era in corso una guerra». Alla lettura del verdetto, alcuni familiari di desaparecidos che hanno assistito al processo hanno applaudito e esultato. «Non può aspettarsi altro chi ha commesso tante atrocità», ha detto il sottosegretario per i diritti umani, Eduardo Luis Duhalde dicendosi soddisfatto per la condanna. Soddisfatta anche la presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, Estela Carlotto, la cui organizzazione viene data come una possibile candidata al Premio Nobel per la Pace. «La giustizia si è fatta attendere parecchio ma alla fine per fortuna è arrivata», ha detto. I legali di Bignone hanno fatto sapere che con ogni probabilità presenteranno ricorso in appello non solo contro la sentenza ma anche contro la revoca degli arresti domiciliari all’anziano ex generale. Durante gli anni della dittatura militare e la guerra sucia (guerra sporca) contro gli oppositori dei generali al potere, migliaia di persone sono state uccise o risultano a tutt’oggi scomparse. Bignone è stato l’ultimo dei “presidenti” con le stellette ed è il solo sopravvissuto assieme a Jorge Rafael Videla, l’autore del golpe del 1976, che dopo essere stato condannato all’ergastolo nel 1985 venne amnistiato cinque anni dopo dall’allora presidente Carlos Menem.