Venerdì di Repubblica, 23.6.2017
Finora né gli scandali finanziari, né le gigantesche manifestazioni di piazza, né le mozioni di sfiducia del suo stesso partito erano riuscite a scalfire il suo potere: il presidente sudafricano Jacob Zuma era sempre riuscito a salvarsi, dimostrando di essere un politico dalle sette vite. Ma adesso il 74enne ex veterano della lotta anti-apartheid rischia di finire travolto da una valanga di documenti che confermerebbero gravissime accuse contro di lui, il cui contenuto è già in parte trapelato sulla stampa sudafricana. A scoperchiare il vaso di Pandora è stato AmaBhungane, un rispettata Ong locale nota per aver rivelato gravi casi di corruzione governativa. Il suo gruppo di giornalisti investigativi è entrato in possesso di decine di migliaia di email e altri documenti riservati che farebbero definitivamente chiarezza sul cosiddetto “Guptagate”, ovvero i legami tra il leader dell’ANC e i Gupta, una ricca e potente famiglia di origine indiana giunta in Sudafrica dopo la fine dell’apartheid per gestire importanti affari nel campo dell’estrazione di risorse, dell’ingegneria e dell’informatica. La polizia di Johannesburg ha aperto un’inchiesta sulle compromettenti email che dimostrerebbero il ruolo centrale svolto dalle società controllate dai Gupta nel manipolare l’assegnazione di contratti pubblici per centinaia di milioni di dollari. Da parte sua, Zuma avrebbe permesso ad alcuni membri della famiglia di influenzare le nomine decise dalla sua amministrazione, cacciando le figure sgradite e ottenendo in cambio favori. Sia lui che i portavoce dei Gupta hanno respinto tutte le accuse mentre Mmusi Maimane, leader del partito d’opposizione Democratic Alliance, attacca: “i documenti confermano che Zuma è alla guida di uno stato criminale e usa le istituzioni per arricchire sé stesso e i suoi amici”.
Il presidente sudafricano è nell’occhio del ciclone da tempo, e non solo perché una delle sue moglie e due dei suoi figli hanno avuto ruoli dirigenziali o hanno seduto nei consigli di amministrazione di alcune società del gruppo. Nei mesi scorsi un tribunale ha stabilito che aveva utilizzato circa 20 milioni di euro di fondi pubblici per ristrutturare la sua casa, poi l’authority nazionale anti-corruzione ha diffuso un rapporto che chiedeva di istituire una commissione d’inchiesta proprio sui suoi rapporti con i Gupta. Nel frattempo le piazze di Pretoria e di altre città del paese si sono riempite di manifestanti che invocavano a gran voce le sue dimissioni, anche perché il Sudafrica sta attraversando da tempo una grave crisi economica a causa della spesa pubblica fuori controllo e della cattiva gestione delle imprese statali. Le proteste sono divampate di nuovo nell’aprile scorso, quando Zuma ha deciso di cacciare il ministro delle finanze Pravin Gordhan, un politico molto rispettato proprio perché stava cercando di contrastare la corruzione e limitare gli sprechi di denaro pubblico. Infine il Sunday Times sudafricano ha riportato anche la notizia di una villa da 25 milioni di dollari acquistata dai Gupta a Dubai per garantire un buen retiro a Zuma quando andrà in pensione. Forse prevedendo che il suo mandato presidenziale non arriverà alla naturale scadenza, prevista nel 2019.
RM