Armata Rossa all’irlandese

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Esattamente cento anni fa, in un giorno tuttora incerto di inizio novembre, nasceva a Dublino l’«Irish Citizen Army». Allo scopo di difendere i lavoratori in sciopero dalle violenze della polizia, preparare l’insurrezione e gettare le basi per la nascita dell’IRA.
di Enrico Terrinoni

In una lettera all’ Irish Times di fine ottobre 1913 , l’arcivescovo di Dublino William Walsh scriveva: «Con non poca costernazione ho letto di un movimento per convincere le mogli di chi è disoccupato, nell’attuale e deplorevole impasse lavorativa a Dublino, ad inviare i propri figli in Inghilterra da gente di cui non sanno nulla… Non devo ricordarglielo io qual è il dovere di ogni madre cattolica… Non saranno più degne di tale nome se manderanno via i propri figli perché vengano cresciuti in terra straniera, senza sapere se sia un cattolico o un infedele chi se ne occuperà». Ci troviamo nel bel mezzo del Dublin Lockout (vedi il manifesto del 21 agosto 2013), la serrata generale in cui più di ventimila lavoratori si opposero alla minaccia di licenziamento, se iscritti o intenzionati a iscriversi al sindacato di Jim Larkin. Le conseguenze si estesero a circa ottantamila persone, perlopiù familiari degli scioperanti, e tra questi chiaramente molti bambini. Nel tentativo di alleviarne le sofferenze, fu ideato il progetto di inviare in Inghilterra 350 bambini irlandesi, perché fossero ospitati da famiglie di simpatizzanti. Il piano, colloquialmente denominato «Save the kiddies », fu ostacolato a tal punto dalle gerarchie cattoliche da impedire fisicamente alla maggior parte di loro di salpare.

Le ragioni dei datori di lavoro
La posizione del clero era un amo lanciato alla borghesia imprenditoriale, come ammette lo stesso Walsh: «Sebbene io desideri la fine dello sciopero, non ho difficoltà ad ammettere in pubblico e in privato, che i datori di lavoro hanno per certi versi ragione nel rifiutarsi di negoziare una conclusione dell’attuale impasse ». Simili posizioni erano condivise dal partito parlamentarista irlandese di John Redmond che si batteva per la Home Rule , ovvero la legge di autogoverno, ma anche dal neonato movimento indipendentista, lo Sinn Féin di Arthur Griffith. Questi, fortemente critico nei confronti dell’idea di un fronte internazionalista dei lavoratori, era un acerrimo nemico personale di Larkin: «Non sono i capitalisti ma le politiche di Larkin a far alzare il prezzo dei prodotti alimentari, tanto da condannare i più poveri di Dublino a uno stato di semi-carestia…». Per lo Sinn Féin di allora, animato da un sentire molto lontano da quello che guida il partito oggi, accentuare la lotta di classe avrebbe finito per mettere in discussione l’opposizione fondante tra Irlanda-Inghilterra su cui si basavano le proprie tesi. Continua a leggere “Armata Rossa all’irlandese”

8 marzo, la menzogna di Westminster

La viscontessa d’origine statunitense Nancy Astor viene ancora oggi erroneamente ricordata come la prima donna eletta alla Camera dei Comuni britannica dopo le gloriose battaglie delle suffragette per il diritto di voto. Quale che sia il motivo di tale lapsus, resta il fatto che un anno prima di lei – nel 1918 – l’irlandese Constance Gore-Booth fu eletta al parlamento di Londra, nelle file del partito repubblicano indipendentista Sinn Féin. Entrambe le donne provenivano da ambienti privilegiati ma avevano storie personali estremamente differenti. La Gore-Booth, sposata con il conte polacco Casimir Markievicz, era un’ufficiale dell’Irish Citizen Army (dal quale nascerà l’I.R.A.) ed era stata vicecomandante di una guarnigione irlandese durante la rivolta di Pasqua di Dublino, nel 1916. Fu per quello condannata a morte dagli inglesi ma si vide commutare la pena nell’ergastolo perché era una donna e venne rilasciata l’anno dopo grazie a un’amnistia. Alle elezioni politiche del 1918 risultò eletta nella circoscrizione di San Patrizio, a Dublino, ma non sedette mai a Westminster perché già all’epoca il Sinn Féin adottava una politica astensionista. L’anno dopo fu invece rinchiusa nella prigione di Holloway insieme a decine di compagni perché avevano osato riunire clandestinamente un parlamento irlandese – e ciò era all’epoca considerato illegale dagli inglesi – e diventerà in seguito la prima donna ministro nel futuro governo d’Irlanda. Per tutta la vita fu vicina ai lavoratori, ai poveri, agli emarginati, e morì nel 1927 all’età di 59 anni. Quanto a Nancy Astor, non avrebbe mancato occasione per mostrare il suo settarismo anticattolico e antisemita, fino a guadagnarsi l’epiteto di “deputata berlinese”.
RM