Fame a Dublino, il genocidio negato

Da “Avvenire” di oggi

Ci voleva tutta l’autorevolezza e la popolarità di uno storico come Tim Pat Coogan per rimuovere definitivamente il velo di ipocrisia che da sempre cerca di nascondere la scomoda verità su uno dei più drammatici eventi della storia europea del XIX secolo. La Grande Carestia irlandese, la gigantesca catastrofe che colpì l’isola tra il 1845 e il 1852, fu in realtà un atto di genocidio compiuto dagli inglesi per motivi opportunistici. Il grande studioso irlandese lo afferma con decisione nel suo ultimo libro The Famine Plot: England’s Role In Ireland’s Greatest Tragedy (Palgrave Macmillan), spiegando che quanto accadde in quegli anni può essere paragonato ai recenti fatti del Darfur e rientra perfettamente nella definizione di genocidio contenuta nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti umani.
All’inizio dell’‘800 l’Irlanda era stata privata del proprio parlamento e costretta all’unione politica con l’Inghilterra. Gran parte degli irlandesi viveva in condizioni miserabili e poteva cibarsi soltanto di patate finché, nell’estate del 1845, la rapida diffusione di un fungo velenoso non fece marcire tutti i raccolti creando le premesse di una delle più gravi carestie dell’Europa contemporanea. La popolazione cominciò a morire di stenti: nel solo 1847 si registrò la morte di mezzo milione di persone a causa della fame e delle epidemie legate alla malnutrizione. Ma mentre la popolazione moriva per le strade, dai porti irlandesi decine di navi cariche di generi alimentari partivano ogni giorno alla volta dell’Inghilterra. Nell’arco di una sola generazione l’Irlanda avrebbe conosciuto un declino demografico senza paragoni in Europa, perdendo circa un terzo della sua popolazione. Il bilancio finale conterà oltre un milione di morti e un’emigrazione forzata di dimensioni bibliche, destinata a dar vita alla grande diaspora irlandese in America e in Australia. Nella vulgata popolare e nella letteratura è sempre stata diffusa l’idea che la natura avesse mandato la malattia delle patate ma che fossero stati gli inglesi a “creare” la Carestia. Ma prima che Coogan decidesse di contribuire con forza al dibattito, gli studiosi irlandesi erano sempre stati assai cauti nell’affermare le responsabilità di Londra. Continua a leggere “Fame a Dublino, il genocidio negato”

Non fu tutta colpa di Hitler

Trascorsi i giorni delle celebrazioni (come sempre in pompa magna) del 70° anniversario della Seconda Guerra Mondiale, sono utili le riflessioni del medievista Franco Cardini. Ricordando le tesi di due libri fondamentali (uno del 1961 e uno del 2008), lo storico fiorentino cerca di fare ordine tra i consueti luoghi comuni che, come sempre, anche stavolta non sono mancati. In particolare circa le responsabilità dello scoppio di quella guerra. I due controversi autori degli studi sulla Seconda Guerra sono lo storico britannico Alan J.P. Taylor e lo scrittore statunitense Patrick J. Buchanan.

Settant’anni or sono, ma non li dimostra. Il passato che non passa
di Franco Cardini

Sono comode, le idées récues. Prendete la seconda guerra mondiale. Tutta colpa del genio malefico di Adolf Hitler. Che di colpe ne ebbe senza dubbio molte. Ma le cose stanno in modo diverso, sono più complicate. Nella longue durée delle vicende europee, tra 1648 e 1659 l’Europa dissanguata dalla guerre di religione mise a punto lo ius publicum europaeum e un sistema di controlli incrociati che rese possibile un lungo periodo di equilibrio e di guerre limitate. Con il 1789 e l’invenzione sia della “guerra ideologica “ (una laicizzazione della Guerra Santa che era andata disperdendosi dalla fine del Seicento?) e della “guerra totale”, si aprì un Todtentanz che in varie fasi condusse a quello che Oswald Spengler avrebbe definito l’Untergang des Abendlandes, ma che oggi possiamo meglio qualificare – ora che i concetti di Europa e di Occidente si sono andati reciprocamente allontanando, per quanto siano in molti a sostenere istericamente il contrario – come il suicidio d’Europa.
Settant’anni, ma non li dimostra. Nella storia vi sono cose magari recenti o molto recenti, e che sembrano remote o sono addirittura dimenticate, almeno dal grande pubblico: chi si ricorda più, ormai, di Pompidou o di Eltsin? E cose, invece, presenti o addirittura incombenti, “passati-che-non-passano”. Continua a leggere “Non fu tutta colpa di Hitler”