“Il mio calvario in un gulag albanese”

Intervista a Fatos Lubonja, da Gariwo Magazine

Fatos Lubonja, uno degli intellettuali albanesi di maggior spicco, porta incise nel corpo e nell’anima le ferite dell’ultimo mezzo secolo di storia dell’Albania. Ai tempi del regime comunista pagò la sua dissidenza con diciassette anni di prigionia nei gulag del Paese, tornando libero solo dopo la fine della dittatura, nel 1991, ormai quarantenne. Scrittore e giornalista pluripremiato e apprezzato anche in Italia (alcuni anni fa si aggiudicò, tra l’altro, il premio Moravia), da oltre due decenni Lubonja vive stabilmente in Italia ma continua a frequentare l’Albania analizzando con lucidità sia gli orrori del passato che le contraddizioni della nuova democrazia albanese. Continua a leggere ““Il mio calvario in un gulag albanese””

Blinne, dall’Irlanda a Gaza in difesa delle vittime

Quando aveva appena dodici anni Blinne Ní Ghrálaigh trovò nella libreria di sua madre un opuscolo che mostrava la foto di una ragazza più o meno della sua età. Raccontava la storia di Majella O’Hare, una giovane studentessa irlandese che nel 1976 fu uccisa con un proiettile sparatole alla testa da un paracadutista britannico mentre stava camminando nelle vicinanze di un posto di blocco dell’esercito. “Le circostanze di quell’omicidio, la giovane età della vittima e il fatto che nessuno sia mai stato perseguito mi cambiarono la vita”, ha raccontato Ní Ghrálaigh qualche mese fa in un’intervista. Continua a leggere “Blinne, dall’Irlanda a Gaza in difesa delle vittime”

Tsinandali, una Borgogna sul Mar Nero

Avvenire, 12 gennaio 2024

reportage da Tsinandali (Georgia)


Il vento della storia soffia forte ai piedi delle montagne del Caucaso, incrocio di culture, lingue, religioni e civiltà millenarie. Quando fu annessa all’impero zarista circa due secoli fa, la Georgia entrò prepotentemente nell’immaginario russo e divenne fonte d’ispirazione per molti grandi scrittori, da Pushkin a Lermontov, da Pasternak a Cvetaeva. Eppure è sempre riuscita a mantenere ben salda la sua identità, quella di un Paese fieramente indipendente dalla cultura antichissima. A meno di cento chilometri a est della capitale Tbilisi, a circa un paio d’ore dal confine con la Russia, c’è un luogo che nel XIX secolo diventò un crocevia dell’élite intellettuale europea.
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L’amnistia di Londra riapre le ferite del Nord Irlanda

Avvenire, 6 gennaio 2024



“L’eredità dei Troubles resta una ferita aperta e un rimedio universale non esiste. Servono onestà, integrità e compassione. La riconciliazione richiede il ripristino delle relazioni, una paziente ricostruzione della fiducia basata sul coraggio di dire la verità, oltre a una grande tolleranza. Ma questa legge va in senso esattamente contrario e non farà altro che acuire le divisioni all’interno della società”. I due vescovi primati della chiesa d’Irlanda, il cattolico Eamon Martin e l’anglicano John McDowell, avevano lanciato l’allarme alcuni mesi fa in un documento congiunto, esprimendo grande preoccupazione per la nuova legge di amnistia con la quale Londra intendeva chiudere i conti con il doloroso passato dell’Irlanda del Nord. Ma le loro voci, come quelle della società civile e dei partiti dell’intera isola d’Irlanda, sono rimaste del tutto inascoltate.
Dopo un tormentato percorso legislativo durato quasi tre anni la Camera dei Comuni ha approvato in via definitiva il Northern Ireland Troubles (Legacy and Reconciliation) Act respingendo gli ultimi emendamenti proposti dai Lord.
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L’arte sospesa sul ponte di Mostar

Avvenire, 10 novembre 2023

da Mostar (Bosnia Erzegovina)


Da quassù, il Ponte vecchio abbattuto trent’anni fa e poi ricostruito non si vede. Lo Stari Most rimane nascosto in mezzo a un groviglio di antiche case ottomane del centro. All’ultimo piano dell’edificio abbandonato della Staklena banka c’è però la miglior visuale dall’alto su Mostar. Da qui si può esplorare attentamente quella parte del centro cittadino che non è stata ancora ricostruita. Osservare le ferite e le contraddizioni di un contesto urbano che è metafora delle persistenti divisioni sociali. I mostarini lo chiamano ancora “il palazzo di vetro”, anche se non c’è più alcuna traccia delle sue gigantesche vetrate blu. Sono saltate in aria tutte durante la guerra. Una decina di piani, circa trenta metri d’altezza, un profilo appuntito audace e avveniristico.
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A Gaza un genocidio sotto i nostri occhi


Il 28 ottobre 2023, Craig Mokhiber, già direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani presso le Nazioni Unite, si è dimesso dal suo incarico. Nella lettera riportata integralmente qui sotto, l’alto funzionario Onu spiega le ragioni del suo addio. Ripresa da importanti testate della stampa anglosassone come il Washington Post o The Guardian, ma quasi del tutto ignorata dai principali media italiani.


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La pagina nera della Georgetown

Avvenire, 6 novembre 2023


Il sacrificio della famiglia Mahoney si consumò in un cupo giorno d’autunno del 1838. Al molo della città di Alexandria, in Virginia, centinaia di persone furono caricate con la forza sull’enorme nave di schiavi Katherine Jackson diretta a New Orleans, nel profondo sud. Uomini e donne di tutte le età allontanati dai loro cari e venduti come oggetti, tra le grida dei bambini strappati dalle braccia delle loro madri. Anny Mahoney vide il suo mondo andare in pezzi per sempre, la sorella e i due figli, Arnold Jr. e Louisa, destinati alle lontane piantagioni di cotone della Louisiana.
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L’anima della Grecia si innalza su Skiathos

Avvenire, 29 settembre 2023


È passato quasi un secolo da quando un giovane poeta greco approdò per la prima volta nell’allora remota e quasi sconosciuta isola di Skiathos, la più piccola dell’arcipelago delle Sporadi, affacciato sul mar Egeo. Fece amicizia con i pescatori e con i maestri d’ascia dei cantieri navali, restando ammaliato dalla bellezza e dalla semplicità di un paesaggio che avrebbe segnato profondamente la sua opera. Quel poeta si chiamava Giorgos Seferis e nel 1963, molti anni dopo quella visita, si sarebbe aggiudicato il premio Nobel per la letteratura. Oggi però stenterebbe forse a riconoscerla quell’isola, poiché nel frattempo le rotte aeree low cost l’hanno trasformata in una delle mete del turismo marittimo europeo e gran parte dei visitatori non sanno quanto sia ricca di storia e di spiritualità.
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L’ex casco blu olandese al memoriale di Srebrenica: “chiedo perdono”

Avvenire, 18 settembre 2023


Quando il memoriale del genocidio di Srebrenica fu inaugurato da Bill Clinton, il 20 settembre 2003, l’auspicio era che favorisse la costruzione di una memoria condivisa e incoraggiasse il ritorno dei bosniaci musulmani nei luoghi da dove erano stati scacciati dopo una feroce pulizia etnica. Ma a distanza di vent’anni non restano altro che speranze tradite, memorie vilipese e sensi di colpa. La più terribile tragedia europea dai tempi dell’Olocausto avvenne proprio qua, lungo la valle della Drina, le cui acque segnano il confine tra la Bosnia e la Serbia.
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