Avvenire, 9 luglio 2023
Sembra trascorso un secolo da quando il parlamento italiano, anche in seguito alle pressioni della Rete italiana pace e disarmo, bloccava definitivamente l’esportazione in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti di circa ventimila bombe prodotte dalla Rwm Italia di Domusnovas, nel sud della Sardegna. Eppure accadde appena due anni fa, nel 2021. Poi qualcosa è cambiato, e una deriva etica favorita dal ritorno della guerra in Europa sta diffondendo sempre più la percezione che esistano armi “buone”. Che produrle ed esportarle verso paesi responsabili di massacri e crisi umanitarie sia un business come un altro.
Don Roberto Sciolla, parroco del Sacro Cuore Immacolato di Maria di Iglesias, è uno di quelli che non si rassegnano a questa deriva etica e in un accorato appello inviato al cardinale Matteo Zuppi scrive: “ormai la guerra è vissuta come ineluttabile e inquina la cultura e le coscienze al punto che si rischia che impianti industriali giudicati illeciti dal Consiglio di Stato vengano messi a produrre, prescindendo dalla normativa, dai danni all’ambiente, alla salute e alla vita degli esseri umani del territorio e di tutto il pianeta. Tutto questo ci deve interpellare con urgenza”. Don Sciolla abita a pochi chilometri dallo stabilimento della Rwm Italia in cui vengono prodotte mine, bombe e sistemi d’arma subacquei per conto della multinazionale tedesca Rheinmetall, e nella lettera trasmessa al presidente della Cei denuncia “la crescente convergenza dei responsabili politici nazionali ed europei sulla univoca scelta delle armi per arrivare alla pace e la progressiva assuefazione alla guerra e alla legittimazione propagandata delle armi come unica soluzione praticabile”. Quello che il parroco di Iglesias auspica è un ulteriore scatto d’orgoglio da pare del mondo ecclesiale e della società civile. “Non sarebbe il caso – si chiede – che non solo papa Francesco, non solo il suo inviato per la pace in Ucraina, il cardinal Zuppi, ma tutti i vescovi della Chiesa italiana, ogni diocesi, ogni parrocchia, levassero diffusamente la voce contro questa aberrazione? Che a chiare lettere venga denunciata l’ipocrisia degli affari dell’industria bellica, che alimenta questa spirale perversa?” “Non vi è dubbio, infatti – prosegue Sciolla, che nella lettera si presenta come “uno dei preti operai che ha incontrato al seminario nazionale di Bologna del 19 giugno scorso” -, che tale ipocrisia sia totalmente contraria al Vangelo e, dal punto di vista civile, lontana dalla nostra legge costituzionale e dai principi ispiratori della stessa Europa”. “Siamo accomunati dall’evangelico valore supremo della pace, oggi per fortuna riproposto con tanto vigore dal Papa – conclude – e so benissimo che non è in suo potere fermare tutto questo ma poiché facciamo tante “giornate” per altrettante nobili cause, credo che occorrerebbe pensare a qualcosa di davvero significativo anche per questo”. La lettera di Sciolla ha già raccolto alcune adesioni di spicco, tra cui quella di don Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura, Gravina e Acquaviva delle fonti nonché presidente nazionale di Pax Christi, di pacifisti storici come Massimo Toschi e Lisa Clark, rappresentante italiana della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari e di Maria Bianco del consiglio di presidenza del coordinamento delle teologhe italiane. Tutti convinti che condannare apertamente la “santificazione” delle armi non sia una mera questione di principio, quanto piuttosto l’ennesimo tentativo di salvaguardare quelle battaglie culturali – e quei percorsi legislativi virtuosi – compiuti dal nostro Paese negli ultimi anni.
Intanto, i pacifisti sardi saranno in presidio domattina (venerdì 14 luglio) a Cagliari, davanti alla sede dell’assessorato regionale all’Ambiente, per chiedere alla Regione di non concedere alla Rwm Italia la sanatoria per l’ampliamento della fabbrica, un iter già bocciato, alcuni mesi fa, dal Consiglio di Stato. Nella serata di domenica 16 luglio saranno invece al parco della Speranza di Iglesias, dietro la parrocchia dell’Immacolata, per tenere un laboratorio permanente sulla creazione di una società di pace.
In attesa della conferma o meno da parte degli esperti (sempre che la cosa interessi ai media internazionali), diamo anche questa pessima notizia.
Superare la “Linea rossa”? Evidentemente pie qualcuno si può!
BOMBA NUCLEARE TATTICA UTILIZZATA DALLA TURCHIA CONTRO I CURDI?
Gianni Sartori
Come avevano già dichiarato in varie occasioni i responsabili del Quartier generale delle Forze di difesa del popolo (HPG) l’esercito turco avrebbe bombardato sistematicamente e ripetutamente (“centinaia, migliaia di volte”) la guerriglia curda a Zap, Avaşîn e Metina.
Con sostanze chimiche di ogni tipo e utilizzando inoltre bombe termobariche e bombe al fosforo.
Mancava solo la bomba nucleare tattica. Stando a quanto denunciava due giorni fa Murat Karayılan, i generali di Ankara avrebbero rimediato a questa dimenticanza.
In questi giorni dall’agenzia di stampa Firatnews (ANF) sono state diffuse le immagini (realizzate dalla popolazione locale) di un attacco turco contro le postazioni curde a Martyr Delîl (a ovest di Zap) risalente alle 10h12 del 13 luglio. Un attacco che – stando all’agenzia – si sarebbe contraddistinto anche per l’impiego di una bomba nucleare tattica. L’onda espansiva dell’esplosione si è poi propagata in un’area molto ampia.
Pensiamo a cosa sarebbe accaduto se fosse stata avanzata anche solo l’ipotesi di un effettivo utilizzo da parte di Mosca in Ucraina di un ordigno di tal genere. L’intervento diretto della NATO (di cui, ricordo la Turchia, fa parte) come minimo.
Gianni Sartori