Intervista a Gerry Adams (Avvenire, 11 maggio 2023)
C’è chi giura che Gerry Adams stia preparando l’ennesimo colpo di teatro della sua lunga carriera politica. E punti a farsi eleggere presidente della Repubblica d’Irlanda nel 2025, quando Michael D. Higgins lascerà al termine del suo secondo mandato. Quel che è certo è che l’uomo che ha traghettato l’IRA verso la fine della lotta armata continuerà a battersi fino alla fine dei suoi giorni per difendere l’Accordo di pace del Venerdì Santo dalle onde d’urto della Brexit e dalle minacce dei gruppi armati dissidenti. Cinque anni fa lasciò la presidenza dello Sinn Féin dopo aver guidato il partito ininterrottamente per 35 anni e averlo reso capace di raccogliere la maggioranza di consensi in tutta l’isola. Dal 2020 non ricopre più alcuna carica elettiva ma continua a essere un leader carismatico ascoltato sia in Irlanda del Nord che nel resto del mondo.
“Sebbene la Brexit abbia creato enormi problemi all’attuazione dell’accordo del 1998 escludo che il processo di pace sia a rischio – ci spiega -. Adesso, con la crisi economica in atto e un servizio sanitario nel caos, la priorità assoluta è il ripristino dell’assemblea e dell’esecutivo di Stormont che sono bloccati da un anno dall’ennesimo veto unionista. Poi potremo discutere un’eventuale riforma delle istituzioni”. Adams dice di essere convinto che prima o poi il DUP rientrerà nell’assemblea ma punta il dito contro il governo conservatore di Londra che, a suo dire, “sta minando le basi dell’accordo di pace svuotandolo degli elementi fondamentali relativi ai diritti umani”. Si riferisce alla proposta di legge di amnistia con cui Westminster vorrebbe chiudere i conti con la memoria del conflitto evitando nuove inchieste sull’operato delle forze di sicurezza britanniche. “All’interno dell’establishment politico e militare di Londra – aggiunge – molti non hanno mai pienamente accettato l’accordo di pace perché avrebbero voluto sconfiggere la nostra lotta con le armi. Ma per fortuna possiamo contare sull’UE e sugli Stati Uniti che continuano a sostenere la pace in Irlanda”.
Nei giorni scorsi Adams è stato uno dei protagonisti delle tavole rotonde per il venticinquesimo anniversario dell’Accordo del Venerdì Santo che si sono tenute alla Queens’ University di Belfast alla presenza di Blair, Clinton, Ahern e tutti i protagonisti della svolta storica del 1998. “Ho ribadito che per dare piena attuazione al Good Friday Agreement è necessario fissare una data per il referendum sulla riunificazione dell’isola”, ci spiega. “Il sostegno all’unità è in crescita in tutti i settori della società irlandese ed è dunque giunto il momento che il popolo si esprima democraticamente su un eventuale cambiamento costituzionale”. Quello che è da sempre il cavallo di battaglia dello Sinn Féin sembrava un sogno irrealizzabile fino a qualche anno fa. Ma ormai il partito di Adams è diventato la principale realtà politica anche nella Repubblica e i sondaggi lo danno in costante ascesa. “Ciononostante il governo di Dublino non ha ancora elaborato una strategia per dare attuazione all’unità irlandese perché sia Fianna Fail che Fine Gael, i due partiti che hanno governato la Repubblica per oltre un secolo, temono di perdere la loro egemonia”. Lo Sinn Féin chiede da tempo un’assemblea pubblica in cui i cittadini possano confrontarsi sulla riforma costituzionale. Ma finora il timore del cambiamento ha sempre spinto Dublino a dire di no. Adams, però, rassicura: “una nuova Irlanda unita all’interno dell’UE tutelerà i diritti e l’identità di tutti, anche di chi continua a sentirsi britannico”. E garantisce: “l’isola tornerà unita entro il prossimo decennio”. Magari allora il presidente sarà proprio lui.