Era l’ultimo dei menestrelli che hanno contribuito a rendere immortale la musica irlandese. Inconfondibile era la sua voce profonda e rotta dal whisky, “genuina segatura irlandese”. Ronnie Drew, morto due giorni fa dopo una lunga malattia all’età di 73 anni, non era noto solo per essere il fondatore del gruppo folk Dubliners, ma anche per un’intensa attività solista che lo aveva visto collaborare a lungo con un numero indefinito di artisti irlandesi e internazionali. Nel 1962 aveva fondato “The Ronnie Drew Group”, divenuti in seguito famosi in tutto il mondo come The Dubliners: la loro carriera iniziò all’O’Donoghues, storico pub del centro di Dublino. Oltre ai numerosi album con il gruppo, ha pubblicato molti lavori solisti, fra cui “Dirty rotten shame”, un album con canzoni scritte appositamente per lui da Bono, Elvis Costello e Shane McGowan dei Pogues. Dieci anni fa era passato, quasi inosservato, anche dalle nostre parti. Lo ricordiamo con nostalgia in una sera di fine estate del 1998, mentre canta in un concerto per pochi intimi in un circolo immerso nelle vigne del Chianti, vicino a Montespertoli, alla periferia di Firenze. In quell’occasione Ronnie deliziò una scarsa ma appassionata platea insieme alla cornamusa di Joe McHugh e al pianista fiorentino Antonio Breschi.
RM