La casa di Joyce rischia di diventare un ostello

Avvenire, 17 novembre 2020

Chiunque sia stato a Dublino anche solo per un giorno sa che Joyce pervade ogni angolo della città, le sue strade, le sue piazze, i suoi vicoli, i suoi pub. Sa che la sua anima si rispecchia nei percorsi e negli edifici descritti in Ulysses e in altre sue opere memorabili. È impensabile che la capitale irlandese possa rinunciare a uno dei luoghi più legati al suo figlio prediletto: eppure è proprio quanto rischia di accadere nei prossimi mesi. La municipalità di Dublino ha infatti approvato il progetto che prevede la conversione del palazzo al numero 15 di Usher Island in un grande ostello per la gioventù. All’interno di quell’edificio georgiano a quattro piani affacciato sulle rive del fiume Liffey, a poca distanza dal centro cittadino, James Joyce ambientò “I morti”, il più famoso e il più lungo dei racconti contenuti nel suo libro Gente di Dublino del 1914. Ma quella casa che lo stesso Joyce definì “tetra e desolata” non è solo un luogo letterario: alla fine dell’Ottocento lo scrittore trascorse una parte della sua infanzia perché lì vivevano le sue zie. In quelle stesse stanze negli anni ‘80 il regista statunitense John Huston girò lo splendido film The Dead ispirato al racconto di Joyce. Da allora l’edificio – risalente al 1775 – ha subito un lento degrado aggravato anche da un incendio scoppiato al suo interno alla metà degli anni ‘90. Nel 2000 venne ristrutturato per ospitare eventi culturali dedicati a Joyce ma nel 2017 è stato venduto per 650mila euro a due investitori privati, Fergus McCabe e Brian Stynes, poco interessati al suo valore simbolico e intenzionati a trasformarlo in una struttura turistica con 56 camere. Secondo il consiglio comunale cittadino sarebbe il modo migliore per riqualificare un edificio che oggi versa in condizioni assai precarie ma un ampio gruppo di intellettuali non ci sta ed è deciso a dare battaglia per impedirlo. L’anno scorso, quando il progetto non aveva ancora ottenuto il via libera dalle autorità cittadine, un centinaio di scrittori, artisti e accademici – tra i quali spiccano i nomi di John Banville, Edna O’Brien, Ian McEwan e Salman Rushdie – hanno sottoscritto una petizione per fermare il progetto lanciata dallo scrittore Colm Toibin e da John McCourt, biografo di Joyce e direttore della Joyce School di Trieste. Ma finora sono servite a ben poco sia la mobilitazione degli intellettuali che le critiche del Ministero della cultura irlandese e di altri enti per la tutela dei beni storici. In una lettera pubblicata nei giorni scorsi sull’Irish Times, John McCourt ha spiegato che il progetto “sfigurerebbe per sempre una delle più famose ambientazioni della letteratura moderna”. “Distruggere un pezzo importante del nostro patrimonio letterario per costruire l’ennesimo ostello durante una pandemia è semplicemente incomprensibile – ha aggiunto -. Il governo deve bloccare questa decisione miope del municipio di Dublino e individuare una modalità per acquisire l’immobile, che potrebbe essere trasformato in tempi rapidi in un museo per celebrare Joyce e Gente di Dublino”.

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