A Sarajevo rinasce la biblioteca

Da Avvenire di oggi

Il poeta bosniaco Goran Simić vide bruciare l’antica biblioteca di Sarajevo dalla finestra di casa sua. In preda alla disperazione, pensò alle migliaia di libri antichi che stavano per essere inghiottiti dalle fiamme e immaginò che i personaggi raccontati in quelle pagine indimenticabili stessero trovando una nuova vita. Vide Werther seduto accanto ai muri sbrecciati del cimitero. Quasimodo che si dondolava sul minareto della vicina moschea. Il giovane Tom Sawyer che si tuffava dal ponte di Princip. Raskolnikov e Mersault che avevano fatto amicizia e chiacchieravano in uno scantinato. Yossarian che era intento a vendere provviste al nemico. Migliaia di libri stavano volando via, carbonizzati come neve nera, dal tetto sventrato della biblioteca, insieme a chissà quanti altri testi, codici, incunaboli e manoscritti rari e preziosi. Furono ridotti in cenere in appena tre giorni, alla fine di agosto del 1992, dalle bombe incendiarie lanciate dai nazionalisti serbi appostati sulle colline intorno alla città. L’eroica catena umana formata per cercare di salvare quei volumi non servì a niente di fronte al fuoco dei cecchini e delle armi antiaeree che colpivano senza pietà anche i bibliotecari, i volontari e i vigili del fuoco. Quello che sarebbe diventato il più lungo assedio di una città europea dai tempi della Seconda guerra mondiale era iniziato da pochi mesi e aveva già raggiunto il primo obiettivo: distruggere la Viječnica, la storica biblioteca nazionale e universitaria di Sarajevo, l’unico archivio nazionale del paese, cancellando con esso l’intero patrimonio culturale della Bosnia-Erzegovina.
Quei libri, edizioni antiche e spesso uniche, non torneranno mai più. Ma finalmente l’edificio diventato il simbolo della distruzione di Sarajevo durante la guerra di Bosnia è tornato in questi giorni al suo antico splendore architettonico. L’imponente palazzo costruito dagli austro-ungarici alla fine del XIX secolo era rimasto a lungo uno scheletro di mattoni bruciati, pieno di tonnellate di cenere. Oggi, dopo quattro anni di lavori costati una valanga di soldi pubblici, sono state finalmente rimosse le impalcature liberando le sue splendide facciate moresche che riflettono i loro inconfondibili colori rosso e ocra nelle acque del fiume Milijacka. Secondo i dati forniti dall’agenzia Sarajevo Construction il piano di recupero è costato in totale circa dieci milioni di euro ed è stato finanziato dall’Unione europea e da molti stati membri, a partire dall’Austria, erede di quell’Impero che fece costruire l’edificio nel 1896. Le carte originali del progetto risalenti a poco più un secolo fa sono state ritrovate negli archivi di Vienna, e hanno consentito un restauro assai meno problematico di quello effettuato anni fa per ricostruire l’antico ponte di Mostar. Le principali difficoltà sono sorte per reperire i differenti tipi di marmi delle colonne interne, degli archi e dei merletti, e anche per ricostruire le decorazioni in gesso e le bellissime finestre di vetro intarsiato. Ma parlare solo di restauro è riduttivo. È stata una rinascita dal forte impatto evocativo, quasi un trionfo della civiltà contro la barbarie. La Viječnica, infatti, non era una semplice biblioteca, ma un luogo che conservava la storia e la memoria di una città, di un paese e della sua gente. Ha ricordato qualche anno fa la giornalista di Sarajevo Azra Nuhefendic: “l’aula principale era enorme, sembrava un salotto reale, o una grande chiesa trasformata in sala di lettura. Dentro c’erano file di panchine, sedie e scrivanie di legno massiccio. Emanavano un odore misto di polvere, degli anni passati e del grasso che si usava per conservare il legno. Ci si entrava con cautela, in silenzio, con il fiato sospeso, cercando di attutire il rumore dei propri passi. L’importanza del posto proveniva dalla bellezza e grandiosità del palazzo e dal fatto che, da noi, il libro era considerato un oggetto sacro”.
Eppure la gioia per la rinascita della Viječnica si è in molti già tramutata in delusione, pensando a quale sarà il suo futuro. Neanche le numerose donazioni di libri che negli anni si sono susseguite – alcune provenienti dall’Italia – le consentiranno di tornare a essere quello che era prima della guerra. Il sindaco di Sarajevo, Alija Behmen, ha annunciato che l’edificio riaprirà ufficialmente i battenti nel maggio 2014, un secolo esatto dopo l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando. L’erede al trono austroungarico e sua moglie Sofia vennero ritratti sulla scala esterna del palazzo pochi minuti prima di essere uccisi dal giovane nazionalista serbo Gavrilo Princip, quel tragico 28 giugno 1914 che innescò il primo conflitto mondiale. L’edificio, che ospitava all’epoca il municipio di Sarajevo, fu adibito a biblioteca nazionale solo nel 1949. In tempi recenti il Consiglio municipale ha deciso di modificarne di nuovo la destinazione d’uso, facendolo tornare a essere la sede degli uffici del sindaco e dell’amministrazione cittadina. La nuova biblioteca nazionale e universitaria ha trovato spazio in un luogo anonimo della città e a stento dispone dei fondi necessari per svolgere le attività essenziali.
Riccardo Michelucci

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