Intervista uscita oggi su Avvenire
Un curioso gioco del destino accomuna Giulio De Angelis, il traduttore e saggista diventato famoso per la prima e finora unica versione italiana di Ulysses, ed Enrico Terrinoni, curatore della nuova trasposizione: entrambi hanno ultimato la traduzione del capolavoro di James Joyce a 35 anni. L’impresa di De Angelis, spentosi nel 2000, fu data alle stampe da Mondadori nel 1960 e dopo mezzo secolo presenta inevitabilmente qualche segno del tempo. Inoltre, a detta di molti critici, non è riuscita a cogliere fino in fondo lo humour di Joyce. Quella di Terrinoni, che uscirà il 5 gennaio per Newton Compton, è resa in un italiano più moderno, che vuole dare la giusta importanza alla componente linguistica e culturale irlandese. Docente di letteratura inglese all’Università di Perugia, già autore di numerosi scritti su Joyce, Terrinoni ha impiegato quattro anni di lavoro a tempo pieno per ultimare l’opera.
Professor Terrinoni, cosa si prova ad affrontare la traduzione di un testo così monumentale e complesso?
In passato ho tradotto autori difficili come Spark, Burnside, Behan e altri, ma con Joyce siamo su un altro pianeta. Tradurre Ulisse prevede una conoscenza puntuale di nove decenni di critica, senza i quali sarebbe “intraducibile”. Mi hanno aiutato i tanti anni a Dublino e le ricerche per la tesi di dottorato su Ulysses, lavorando con Declan Kiberd, curatore del testo per la Penguin e allievo del biografo di Joyce, Richard Ellmann; ma sono stati fondamentali anche gli studi condotti in Italia nell’ambito della scuola joyciana di Giorgio Melchiori, ora proseguita da Franca Ruggieri. Melchiori fu uno dei consulenti di De Angelis, entrambi grandi traduttori. Il mio lavoro tenta di emanciparsi da quell’impresa pionieristica, ma non posso non riconoscere un debito nei confronti di quegli studiosi. Continua a leggere “Ulysses, una nuova traduzione italiana per il capolavoro di Joyce”