E’ più verosimile che una delle più grandi case editrici statunitensi non disponga di validi correttori di bozze o che uno dei capi di governo più influenti del XX secolo non ricordi correttamente il luogo di una strage sulla quale proprio lui ha fatto aprire l’inchiesta più dispendiosa dell’intera storia giudiziaria britannica? Quale che sia la spiegazione, resta il fatto che Tony Blair ha preso un clamoroso quanto sintomatico abbaglio, affermando nella sua nuovissima autobiografia che la Bloody sunday del 1972 – dove le truppe britanniche aprirono il fuoco facendo una strage di civili – ebbe luogo a Belfast, invece che a Derry. “A Journey”, il monumentale (oltre 700 pagine) testamento politico nel quale l’ex premier britannico ricostruisce la sua lunga esperienza a Downing street, dedica ampio spazio al processo di pace in Irlanda del nord, citandolo in numerosi passaggi e definendolo “uno dei pochi momenti in cui si è sentito orgoglioso di fare politica”. Com’era più che prevedibile, il volume è diventato subito un clamoroso best-seller, vendendo quasi 100.000 copie nei primi quattro giorni di permanenza nelle librerie del Regno Unito. Senz’altro meno prevedibile era un lapsus come quello comparso a pagina 165, che ha fatto trasecolare non pochi lettori. Uno di questi è John Kelly, fratello di una delle vittime della Bloody sunday: “trovo incredibile – ha dichiarato alla stampa locale – che Blair abbia istituito un’inchiesta costata 200 milioni di sterline su una strage e non ricordi neanche dove questa ebbe luogo. E’ stupefacente”.