Quei pacifisti nel cuore del conflitto

Avvenire, 2 settembre 2022

da Mykolaiv (Ucraina)
“Molti Paesi ci stanno aiutando ma soltanto voi italiani siete venuti fin qua a condividere le sofferenze della gente, mettendo a rischio le vostre vite per stare al nostro fianco”. Maksim Kovalenko, 31 anni, è un consigliere comunale di Mykolayv rimasto nella città ucraina dopo oltre sei mesi di guerra. Gli altri sono scappati quasi tutti. “Non me ne vado perché i miei cittadini hanno bisogno di me. Prima della guerra c’era mezzo milione di abitanti ma in tanti se sono andati via e adesso ne restano meno della metà, soprattutto anziani e disabili. Qui si resiste giorno per giorno”, spiega, accogliendo gli attivisti della carovana della pace Stopthewarnow giunti dall’Italia con dieci furgoni carichi di aiuti umanitari. La coalizione promossa dalla comunità Papa Giovanni XXIII insieme a tante realtà laiche e religiose aveva organizzato altre due iniziative simili (una a Leopoli in aprile e un altra a Odessa in giugno) ma mai si era spinta fino al cuore del conflitto, scegliendo di trascorrere un giorno e una notte con gli abitanti di questa città ad appena una decina di chilometri dal fronte, martellata senza sosta dall’artiglieria russa. Venire qua è stata una lucida follia, considerando che il giorno prima nell’area erano piovuti sedici missili e la contraerea ucraina era riuscita a intercettarne soltanto quattro. Anche l’ultimo ponte di accesso alla città è stato colpito dai russi. Per ora regge ma se sarà abbattuto interromperà i collegamenti via terra. Prima di partire da Odessa gli organizzatori avevano messo in guardia i partecipanti: “non siamo venuti a fare gli eroi, chi non se la sente non è costretto a seguirci fino a Mykolayv”, aveva detto Alberto Capannini di Operazione Colomba, che qua è presente da mesi con alcuni volontari. Soltanto una giovane attivista decide di restare a Odessa, rinunciando a un viaggio di circa tre ore che attraversa chilometri di campi di grano affacciati sul Mar Nero e incrocia camion militari, check-point, bunker, sacchi di sabbia e cavalli di frisia. Al gruppo di una cinquantina di persone si è unito anche monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, giunto dalla sua diocesi in Puglia per portare la solidarietà della Chiesa italiana. In città ci sono ovunque palazzi distrutti, trincee, persone in fila con le taniche per rifornirsi di acqua, un bene sempre più scarso da quando il grande acquedotto cittadino è stato distrutto dai russi. Il primo furgone di aiuti viene scaricato a un deposito della Caritas locale, poi la carovana si sposta in un centro gestito da una chiesa pentecostale. Alla catena umana formata dagli attivisti basta poco più di un’ora per scaricare tonnellate di pacchi di viveri e medicinali. “Qua diamo da mangiare a oltre diecimila persone al mese ma il problema principale resta quello dell’acqua”, spiega Maksim, perché Mykolayv è adagiata su una laguna e l’acqua estratta dai pozzi è marrone, salmastra, inutilizzabile. Mentre in lontananza scattano le sirene i pacifisti si avviano a piedi lungo un viale semi-deserto per raggiungere un quartiere di palazzi danneggiati. Una delegazione di residenti li accoglie all’ingresso di un asilo che qualche mese fa è stato colpito dalle bombe a grappolo russe. “Non ci sono state vittime perché i bambini si erano rifugiati per tempo nei sotterranei insieme agli adulti”, racconta la direttrice dell’asilo, che chiede di non dare alcun riferimento della scuola per timore di nuovi attacchi. Monsignor Ricchiuti scuote la testa, quasi impietrito di fronte a una simile barbarie. In un cortile vicino funziona già il primo dissalatore finanziato dalla raccolta fondi promossa da Stopthewarnow. Soldi ben spesi perché consentono di coprire il fabbisogno idrico di tremila persone al giorno. Ma per dissetare l’intera cittadinanza ne servirebbero a decine, chiarisce ancora Maksim. In serata la carovana di pacifisti si divide. Nei rifugi non c’è posto per tutti e allora alcuni fanno ritorno a Odessa prima che scatti il coprifuoco. Il giorno dopo il gruppo si riunisce per iniziare il lungo viaggio di ritorno verso l’Italia.

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