di André Glucksmann
Abbiamo ancora negli occhi la bambina colpita nella strage del mercato a Sarajevo, e adesso ci sconvolgono le immagini dei ragazzini uccisi in Siria. Sono i metodi inaugurati dalla Seconda guerra mondiale, preceduta dalla prova generale di Guernica, dove l’aviazione hitleriana — su richiesta di Franco — bombardò una cittadina basca che non era certo popolata da soldati. Il massacro dei bambini siriani è tipico delle tecniche di guerra inaugurate dal nazismo: il miglior bersaglio sono i civili. La differenza è che all’epoca gli europei erano rimasti muti, tranne Picasso e pochi altri. Quello che trovo scandaloso è che siamo in grado di indignarci per la Guernica di oggi, tutti pensiamo che sia un crimine e tutti abbiamo visto la tela esposta a Madrid e ci siamo commossi, ma quando si verificano ancora, nella realtà, degli attacchi nello stile di Guernica, quando i soldati siriani uccidono degli innocenti e massacrano la loro stessa popolazione, di nuovo l’Europa chiude gli occhi.
Dico «di nuovo» perché non è certo la prima volta che accade, dopo Guernica. Durante la guerra in Cecenia l’esercito russo ha ucciso più o meno un ceceno su cinque, per un totale di 200 mila persone e 40 mila bambini secondo alcune stime. Ma la passività dell’Europa — e a questo livello la passività equivale a complicità — era ed è impressionante. I russi in Cecenia hanno cercato di compiere il loro sterminio segretamente, e tutto sommato ci sono riusciti. Dalla Siria invece arrivano maggiori informazioni, anche perché l’obiettivo di Bashar Assad è il terrore, e il terrore ha bisogno di pubblicità. È propaganda fatta con il sangue, è la reazione alla Primavera araba. Si uccidono bambini con intento dimostrativo, per dire agli altri dittatori ancora in piedi che Mubarak e Gheddafi non sono stati abbastanza assassini, altrimenti oggi starebbero tranquilli sui loro troni. Questo chiama in causa direttamente il presidente russo Vladimir Putin: Russia e Cina hanno visto di cattivo occhio la Primavera araba perché temevano il contagio ai loro stessi regimi autoritari; Putin ne ha avuto la prova con le dimostrazioni pacifiche di migliaia di persone a Mosca e a San Pietroburgo. Questi regimi sono i padrini di Bashar Assad e lo incitano, gli dicono «forza, forza, uccidi, perché ci fa comodo, perché così dimostri ai cittadini russi e cinesi che non possono certo permettersi a Mosca o a Pechino di chiedere la libertà come nella Primavera araba». Il terrore è pubblico perché serve non solo al governo siriano ma anche a quelli russo e cinese, ed è per questo che all’Onu tutti i due sono d’accordo per bloccare ogni sforzo che punta a fermare la strage della popolazione civile. Ma non basta. La Russia arma la Siria, non è un segreto, la Russia è parte in causa nel bombardamento dei civili siriani, e il silenzio dell’Europa significa due cose: una relativa indifferenza, e una grande paura della Russia.
L’obiezione classica, «non si può intervenire in Siria perché Russia e Cina pongono il veto all’Onu», non regge. Prima di tutto, non è vero. Nell’ex Jugoslavia, alla fine, l’Occidente è entrato in azione senza bisogno del quadro legale dell’Onu. In secondo luogo, ci sono diverse possibilità di intervento. Non siamo obbligati a inviare delle truppe per invadere la Siria dalla sera al mattino. Tante cose si possono fare: prima di tutto armare i ribelli, visto oltretutto che la Russia arma le truppe governative; creare una no fly zone per evitare che gli aerei bombardino la popolazione; organizzare dei corridoi umanitari.
Oltre alle sanzioni ci sono mille modi di intervenire, non chiedo certo che l’Europa sferri un attacco di terra nello stile militare del secolo scorso. La Francia è molto attiva a parole ma i fatti non seguono, e non sarò certo io a difendere un Quai d’Orsay che critico da sempre. Dovremmo almeno armare i combattenti siriani, e anche qui mi si risponderà che rischieremmo di rafforzare gli integralisti islamici e lo jihadismo: bene, credo che questo ragionamento non stia in piedi. È un calcolo assurdo. Il miglior modo per alimentare l’odio antioccidentale in realtà è stare a guardare mentre un dittatore massacra il suo popolo, è non muovere un dito invece di aiutare gli innocenti.
Quando sappiamo che c’è un crimine, quando lo vediamo con i nostro occhi, fare finta di niente non serve a nulla. È una tattica che nella Storia non ha mai pagato. È una vergogna per l’Occidente, è una tragedia per i civili, è una minaccia per il futuro.
(dal Corriere della Sera del 27 novembre 2012)