Messico: Nadia e Rubén, vittime del terrorismo di stato

Se mi accadesse qualcosa, il responsabile è il governatore di Veracruz, Javier Duarte, aveva detto Nadia in questa recente intervista rilasciata alla web tv RompeViento.

Nadia Vera Lopez
Nadia Vera Perez

Nadia Vera Pérez, 32enne antropologa messicana originaria del Chiapas, voleva cambiare il suo paese, che si trova purtroppo ancora ai primi posti nel mondo per violazione dei diritti umani. Per questo promuoveva la cultura indipendente e partecipava alle lotte dei movimenti sociali. Il 31 luglio è stata torturata, violentata e uccisa insieme al suo compagno, il fotoreporter Rubén Espinosa e ad altre tre donne che si trovavano in casa con loro a Città del Messico, dove vivevano dopo essere stati costretti a fuggire da Veracruz. Mai crimine fu più annunciato di questo, dove addirittura le vittime hanno indicato i loro possibili aggressori.

Rubén Espinosa
Rubén Espinosa

Al momento la Procura di Città del Messico sostiene si sia trattato di rapina e intende chiudere il caso prima possibile. Eppure Javier Duarte, governatore dello stato di Veracruz, è stato soprannominato el mata-periodistas, “l’ammazza giornalisti”, poiché una quindicina di operatori dell’informazione sono stati uccisi durante la sua amministrazione.
Nadia era già stata minacciata e aggredita in passato, e nel 2013 era finita in carcere per aver preso parte a proteste di piazza contro Duarte. Rubén lavorava come fotoreporter free lance e da anni copriva per l’agenzia Cuartoscuro le attività e le proteste dei movimenti sociali e le violente repressioni cui erano sottoposti dalle autorità in un paese, come il Messico, dov’è sempre più difficile distinguere le istituzioni dello stato dalla criminalità organizzata. E dove i giornalisti e gli operatori sociali sono le prime vittime di questo terrorismo di stato.
RM