Se il dovere della memoria si impara sui banchi di scuola, i manuali di storia non sempre sono buoni viatici. Su sette testi sul Novecento destinati ai diciottenni che devono arrivare alla maturità preparati anche sulla strage di Piazza Fontana, che il 12 dicembre 1969 segnò una svolta nella vita del nostro Paese, soltanto due parlano di Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico precipitato dopo tre giorni di interrogatori da una finestra al quarto piano della questura di Milano. E uno soltanto cita il nome del commissario Luigi Calabresi, che aveva interrogato Pinelli e, al termine di una campagna diffamatoria, venne ucciso il 17 maggio 1972 da un commando terroristico.
Il metodo della nostra piccola indagine è empirico e di buon senso: abbiamo acquistato una copia dei più diffusi manuali adottati. L’unico dei libri analizzati a parlare di Calabresi è il terzo volume della “Storia del mondo moderno e contemporaneo” di Adriano Prosperi e Paolo Viola, edito dalla Einaudi Scuola. Questo digesto, tra i più accreditati per il prestigio degli autori, presenta così la morte dell’anarchico Pinelli: «Giuseppe Pinelli (1944-1969), durante un interrogatorio in questura cadde da una finestra e morì. La sinistra ha sempre ritenuto che sia stato spinto dai poliziotti». Notare che gli autori riportano la versione di una generica sinistra, non le conclusioni dell’inchiesta di Gerardo D’Ambrosio, magistrato di sinistra che parlò di probabile «malore attivo». Continua a leggere “Piazza Fontana, la memoria negata dai manuali di storia”