(da Lettera 22)
La compagnia petrolifera paga 15,5 milioni di dollari per evitare il processo che la vede coinvolta nella morte dello scrittore e attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa.
Per il gigante petrolifero Royal Dutch Shell si tratta di un «gesto umanitario». Un eufemismo per definire i 15,5 milioni di dollari che la compagnia petrolifera pagherà perché non si celebri il processo che la coinvolge per collusione con le autorità nigeriane per la morte di Ken Saro-Wiwa, scrittore e attivista nigeriano, e di altri cinque ambientalisti della tribù Ogoni, giustiziati dal regime militare della Nigeria nel 1995. La Shell nega ogni coinvolgimento nell’accaduto, ma intanto si mette al riparo dal processo per gli abusi perpetuati nel Ogoniland, nel Delta del Niger. Un processo che sarebbe dovuto iniziare fra pochi giorni per una causa intentata quattordici anni fa dai parenti delle vittime, con a capo il figlio di Ken Saro-Wina. L’accusa è pesante. La Shell sarebbe coinvolta nelle violenze perpetuate dalle autorità militari per stroncare le contestazioni degli Ogoni, che denunciavano gli abusi ambientali delle compagni petrolifere nel Delta del Niger. Tra i principali difensori dei diritti degli Ogoni e voce della lotta ambientalista nel Delta, lo scrittore Ken Saro-Wina. Vincitore del Goldman Environmental Prize e presidente del Mosop (il Movimento per la sopravvivenza della popolazione Ogoni) si batteva per la difesa dell’ambiente devastato dall’industria petrolifera. Per questo venne arrestato nel 1994, inseguito ad una campagna di protesta non violenta, e condannato a morte. Il tutto, pare, con il beneplacito delle compagnie petrolifere alle quali si opponeva. Tutti fatti ai quali la Shell si è sempre detta estranea.
L’accordo extra-giudiziario, che secondo la compagnia anglo-olandese dovrebbe coprire costi legali e compensare le perdite subite dagli Ogoni, è salutata come una vittoria dai parenti delle vittime. «Ken sarebbe contento di questo» commenta il figlio di Saro-Wina in una intervista al quotidiano britannico The indipendent. Ma non mancano le voci contrarie. Bariara Kpalap, portavoce del Mosop dice alla Bbc «Per una pace duratura nel Ogoniland, la Shell dovrà cambiare il proprio atteggiamento verso la popolazione. Vogliamo essere trattati come persone umane, non come quelli da sfruttare a causa del petrolio». Mentre per Ogon Patterson, fondatore del Ijaw Council for Human Rights, associazione che lavora per proteggere le popolazioni del Delta: «quei soldi sono sporchi di sangue».
Il caso è approdato alla corte americana grazie all’Alien Tort Claims Act, una legge del 1789 che, in caso di crimini contro l’umanità o di torture, consente di perseguire un azienda o un individuo, che vanta una significativa presenza negli Stati Uniti, anche per reati commessi all’estero. Una legge alla quale si sono appleati il dissidente cinese Wang Xiaoning contro Yahoo!, per aver contribuito all’arresto, e alla tortura di Wang e del giornalista Shi Tao, e gli abitanti del villaggio nigeriano di Bowoto contro la Chevron, accusata di aver ucciso alcuni abitanti. Lo sfruttamento delle risorse petrolifere del Delta del Niger è ancora un caso di scottante attualità, e la lotta a queste attività si è oggi radicalizzata. Il Mend (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger) ha preso il posto del Mosop, e boicottaggi, sequestri e armi hanno sostituito i pacifici mezzi e la non violenza di Saro-Wina.
(Andrea Pira)