Un giudice federale ha stabilito che il governo degli Stati Uniti dovrà versare ai Blackfoot 3,4 miliardi di dollari come risarcimento di almeno cento anni di cattiva gestione delle risorse del territorio della tribù: petrolio, gas naturale, pascoli, fonti d’acqua. La causa riguarda circa 500mila persone appartenenti a vari popoli nativi americani.
È il più grande risarcimento finora deciso contro il governo degli Stati Uniti, quello approvato ieri dal giudice federale Thomas Hogan. Il caso, storico e destinato a fare precedente, è quello di Cobell contro Salazar, una class action condotta da Elouise Cobell per conto di migliaia di membri dei Blackfoot, popolo nativo americano stanziato nel Montana. Il giudice Hogan ha stabilito che il governo degli Stati Uniti dovrà versare ai Blackfoot 3,4 miliardi di dollari come risarcimento di almeno cento anni di cattiva gestione delle risorse del territorio della tribù: petrolio, gas naturale, pascoli, fonti d’acqua. La causa non riguarda solo le tribù della confederazione Blackfeet (Ojibaw in algonchino), ma un totale di 500mila persone appartenenti a vari popoli nativi americani. Alla fine dell’espansione dei bianchi verso ovest, il governo statunitense creò dei fondi fiduciari per l’amministrazione dei beni delle tribù sconfitte, considerate troppo «incapaci» di gestire le ricchezze dei territori che gli erano rimasti. Per quindici anni, Elouise Cobell, laureata in economia e fondatrice della Banca centrale del popolo Blackfoot, ha cercato di dimostrare che anziché la gestione oculata e attenta ai bisogni dei popoli indigeni che per legge il governo federale statunitense avrebbe dovuto avere, i fondi sono stati usati per speculazioni e saccheggi legalizzati, responsabili in parte della situazione di estrema povertà in cui versano la maggior parte dei nativi nordamericani negli USA. Il meccanismo, creato con il Dawes Act del 1887, prevedeva la partizione delle terre tribali in lotti individuali per trasformare gli indigeni in agricoltori e legarli alla proprietà individuale della terra, un concetto estraneo alla cultura della maggior parte delle tribù nordamericane. Dopo 25 anni, i lotti individuali sarebbero stati soggetti a tassazione e in caso di inadempienza degli assegnatari, requisti e messi a disposizione del governo federale. Questo meccanismo apparve quasi subito del tutto inadeguato e allora vennero creati dei fondi fiduciari per amministrare le proprietà che venivano trasmesse per via ereditaria. Solo che, fare testamento non era – e non è tuttora – cosa molto comune tra i popoli indigeni nordamericani, con la conseguenza che la proprietà dei lotti originari e delle terre comuni è diventata nel tempo praticamente indecifrabile. Continua a leggere “Usa, risarcimento miliardario per i nativi americani”