Pinelli vittima di piazza Fontana

pinelliQuarant’anni dopo, lo Stato italiano – nella persona del Presidente della Repubblica – riconosce ufficialmente che anche il ferroviere anarchico Pino Pinelli fu una delle vittime della strage di Piazza Fontana. Lo fu in un modo tutto suo, “volando” da una finestra del quarto piano della Questura nella notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969. La giustizia italiana archiviò quel “volo” con l’ipotesi cervellottica del “malore attivo”. Ha quindi il sapore di un risarcimento l’invito rivolto da Giorgio Napolitano alla vedova Pinelli, Licia Rognini, a partecipare sabato al Quirinale al “giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi”. Licia Pinelli ha accolto l’invito. Ma ha fatto sapere – attraverso Mauro De Cortes, del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa (dove militava Pinelli) – che la sua è stata una decisione “tribolata, incerta e dolorosa dopo l’assordante silenzio di questi anni”. Parole oculate e ferme di una signora di 81 anni, vissuti con riserbo e dignità. Il Circolo Ponte della Ghisolfa giudica “significativo” l’invito al Colle: sancisce che Pinelli “non è solo un morto, ma una vittima”.
La finestra da cui precipitò Pinelli era quella dell’ufficio del commissario Luigi Calabresi che, pur assente dalla stanza al momento del “volo”, ebbe un ruolo da protagonista nel fermo illegale di Pinelli, negli spossanti interrogatori a cui fu sottoposto, nel perseguire la pista anarchica poi risultata una macchinazione. Tre anni dopo Calabresi fu assassinato e il delitto, per cui sono stati condannati Bompressi, Pietrostefani e Sofri, è stato rubricato come un atto di terrorismo (un timbro che l’ex leader di Lc rifiuta). Per questo sabato al Quirinale ci sarà Gemma Capra, vedova del commissario. Tutti gli obiettivi saranno puntati sulla “vicinanza” tra lei e la vedova Pinelli. Ieri la signora Capra ha definito di “grande importanza” il gesto di Napolitano d’invitare Licia Pinelli. E ha aggiunto: “In questi 40 anni non l’ho mai incontrata, ma mi sento di dire che lei, io e i nostri figli siamo stati tutti vittime di una stagione di odio e di terrorismo. Oggi sento che la nostra sofferenza ci accomuna”. Licia Pinelli, in un’intervista di un anno fa, manteneva le distanze: “C’è stato un momento in cui se avessi incontrato per strada la vedova Calabresi, con i bambini, forse avremmo potuto parlarci, avere un rapporto. Ma così, con tutto quello che è successo, no. C’è una distinzione netta, fra noi”.
(da “Il Manifesto”)