Per capire il dramma di Gaza


“L’ultima fase del colonialismo sionista”: è questo il titolo del dossier dell’ultimo numero di La causa dei popoli, una rivista che da anni si occupa dei problemi delle minoranze, dei popoli indigeni e delle nazioni senza stato con rigore scientifico e grande attenzione all’attualità. Questo numero offre un importante contributo alla comprensione e all’approfondimento di una questione, quale quella israelo-palestinese, che è tornata drammaticamente alla ribalta dopo il 7 ottobre 2023 ma viene oggi più che mai travisata, censurata se non addirittura silenziata dai principali organi di stampa. Si tratta di un dossier – come spiega il direttore della rivista, Alessandro Michelucci – senz’altro schierato ma non manicheo, che rivendica per questo il diritto di parlare di una vicenda spesso messa a tacere con la comoda accusa dell’antisemitismo.

Nell’intervento che apre il numero, lo storico israeliano Ilan Pappé illustra la possibile implosione del progetto sionista proprio a seguito della brutale risposta genocida lanciata da Tel Aviv dopo gli attacchi di Hamas. Secondo Pappé quello in atto è uno scontro tra lo stato di Israele e quello che lui stesso definisce lo stato di Giudea, sorto negli insediamenti ebraici della Cisgiordania. Una crisi di fronte alla quale lo storico vede due possibili soluzioni: “se Israele si avvierà sulla strada dello stato di Giudea – scrive -, ciò comporterà la fine del progetto sionista, l’isolamento internazionale di Israele e allontanerà i giovani ebrei dal sionismo con conseguenze economiche disastrose. Ma il tramonto del progetto sionista sarebbe invece una svolta positiva se Israele venisse sostituito da un unico stato democratico per tutti, situato tra il fiume Giordano e il Mediterraneo”.
Il sommario della rivista contiene, tra gli altri, gli interventi di prestigiosi studiosi israeliani e statunitensi come Dov Waxman, John Mearsheimer e Harold Meyerson e autorevoli voci del dissenso israeliano come quella dell’antropologo Jeff Halper (direttore del Comitato israeliano contro le demolizioni di case, che propone la trasformazione di Israele e dei Territori occupati in un unico stato democratico che offra pari diritti a tutti) e del pacifista Guy Butavia del movimento israeliano Ta’ayush, che da anni rischia l’incolumità per difendere i palestinesi nelle colline a sud di Hebron.
Ma non si può comprendere quanto sta accadendo oggi a Gaza e in Cisgiordania senza far riferimento al passato, ed è per questo che la rivista cita molti episodi, aneddoti storici e prese di posizione utili a inquadrare la questione in una prospettiva storica, senza dimenticare i tanti errori commessi dai palestinesi nel corso dei decenni. Il dossier riproduce ad esempio un interessante intervento di Gandhi dal titolo “La Palestina appartiene agli arabi”, in cui tanti anni fa il Mahatma dimostrava con pochi semplici concetti la legittimità della resistenza araba pur rammaricandosi che molti di loro non abbiano scelto la nonviolenza per resistere a quella che definisce “l’ingiustificata invasione della loro terra”.
Ricordando che il 15 maggio scorso, per la prima volta, l’ONU ha commemorato ufficialmente la “Nakba”, questo numero di La causa dei popoli dedica anche molto spazio al negazionismo israeliano che – come spiega il direttore della rivista – non si limita a negare gli altri genocidi, ma cerca anche di occultare una tragedia che segnò con il sangue la nascita dello stato coloniale di Israele con la complicità dei paesi filoisraeliani, a cominciare dagli Stati Uniti, che hanno sostenuto a lungo e ancora sostengono il tentativo di cancellarne la memoria.

Questo numero e i precedenti della rivista La causa dei popoli possono essere scaricati gratuitamente qui

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