Gao Xingjian: “all’Occidente serve un nuovo Rinascimento”

Intervista al premio Nobel per la Letteratura cinese uscita oggi su LEFT

“Il pensiero femminile? È più evoluto di quello maschile perché la donna è creatrice, mentre l’uomo è distruttore. E il contributo che le donne possono portare al mondo della cultura, in tutte le sue espressioni, rappresenta la più grande novità del XXI secolo”. Superati i settant’anni, e dopo aver vissuto quasi un quarto di secolo in Europa, il premio Nobel cinese Gao Xingjian è giunto a questa conclusione e ha deciso di rappresentarla nella pièce teatrale “Ballata notturna” contenuta nel suo ultimo libro, Teatro. L’opera (curata nell’edizione italiana dalla studiosa Simona Polvani) viene presentata dall’autore in anteprima oggi al Pisa Book Festival. “È una sorta di manifesto femminile – spiega – col quale ho cercato di riflettere sul potere delle donne e sulla loro affermazione in ogni ambito del pensiero umano e dell’arte”. Romanziere, drammaturgo, poeta, saggista, ma anche regista di teatro, cineasta e pittore, nel 2000 Gao Xingjian è diventato anche il primo autore cinese insignito del Nobel per la letteratura. Da allora ha continuato a inter­rogarsi sul ruolo del teatro nella società e nella vita dell’individuo, attraverso una riflessione continua che lo ha accostato a Beckett e a Brecht. I suoi testi gli sono valsi la fama internazionale ma anche la deportazione in un campo di lavoro, la censura e la messa al bando da parte delle autorità cinesi, che l’hanno infine costretto all’esilio. Prima del suo arrivo in Italia l’abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua casa di Parigi, dove vive dal 1988.
In questi giorni il regime cinese ha celebrato il centenario della grande rivoluzione che segnò la morte della Cina imperiale e anche stavolta ha soffocato ogni tentativo di dibattito vietando opere teatrali e film sull’argomento. Cosa prova a vedere che mentre altri regimi cadono o si aprono – basti pensare alla Primavera araba -, a Pechino tutto resta immobile?
Non mi sorprende affatto che anche stavolta non ci sia stata una vera discussione sul passato, perché il regime ha sempre imposto un’interpretazione ufficiale della storia e su quella rivoluzione è vietato scrivere libri. In Cina la Grande storia è sempre stata scritta dal potere ed è impossibile avere una versione che non sia quella ortodossa. Le vicende dei paesi arabi sono molto differenti perché sono realtà molto più piccole e le loro rivoluzioni sono nate in un clima dove il potere è sempre stato molto più libero rispetto a quello cinese.
Qual è il suo pensiero nei confronti di questa drammatica contraddizione che vede una fetta consistente dell’economia mondiale dipendere in buona parte da un paese totalitario?
È una grande questione alla quale dovrebbero rispondere i pensatori occidentali. Prima di tutto bisogna capire che la crisi economica mondiale è stata generata da una profonda crisi del pensiero occidentale. La mondializzazione ha provocato la decadenza del modello occidentale e l’arricchimento dei paesi emergenti. Le grandi ideologie del XX secolo, il marxismo e il capitalismo, non sono più sufficienti per spiegare questa crisi. Serve un nuovo Rinascimento, un pensiero nuovo che affronti la condizione dell’esistenza umana ma per il momento nessuno ha voluto aprire un vero dibattito del genere in Occidente.
Ha nostalgia del suo paese?
No. Ho superato la nostalgia attraverso la scrittura. Ormai vivo in Occidente da 24 anni e la Cina rappresenta una pagina della mia vita che ho voltato per sempre.
Un tema ricorrente nelle sue opere è la solitudine: cos’è, per lei, la solitudine?
La solitudine è la condizione necessaria della libertà. Solo quando si è soli si riesce a pensare liberamente. Per me non ha un’accezione negativa ma molto positiva perché è la condizione perché possa pensare liberamente.
Da quando ha vinto il Nobel ha smesso di scrivere romanzi e si è dedicato quasi esclusivamente all’attività di drammaturgo, oltre che di pittore, perché?
Non mi sono dedicato solo al teatro alla pittura, ma anche al cinema, alla saggistica e alla poesia. Ho smesso di scrivere romanzi essenzialmente a causa di problemi di salute, la scrittura di un romanzo necessita di molto tempo, bisogna stare mesi e anni bloccati davanti a un computer e io non posso più permettermelo. Ho preferito quindi sperimentare altre forme di arte.
Qual è il suo legame con l’Italia e, in particolare con Pisa e la Toscana?
È iniziato con la letteratura. Quand’ero in Cina avevo già letto Dante, Pirandello, Goldoni, conoscevo la pittura rinascimentale. Ma vedere l’Italia di persona è stato comunque molto appassionante. Trovo che in Italia non ci sia soltanto una grande cultura classica ma sia un paese molto attivo anche nella creazione culturale contemporanea.
Perché nel suo ultimo lavoro ha voluto compilare una sorta di ‘manifesto femminile’?
Fino a poco tempo fa la storia del mondo è stata scritta quasi interamente dagli uomini: storici, filosofi, letterati, politici hanno fatto la storia dell’umanità. Le donne hanno iniziato ad avere un ruolo di spicco nell’ambito della cultura solo dalla seconda metà del secolo scorso. Lo spartiacque è stato Il secondo sesso di Simone De Beauvoir: da allora il pensiero femminile e femminista ha iniziato ad affermarsi consentendo alle donne di esprimersi in ogni ambito del pensiero umano e dell’arte. Oggi stanno dimostrando di essere capaci di pensare in modo più evoluto rispetto agli uomini.
RM

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